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venerdì 12 luglio 2019

Fuori linea #4 - La cursa


Fuori Linea #4

«Sai cos`è la nostra vita? La tua e la mia?
Un sogno fatto in Sicilia.
Forse stiamo ancora lì e stiamo sognando»
(L. Sciascia - Candido)





La cursa


Pare inverno, ma è ancora autunno e, pure se la giornata è chiara, fa freddo anche in terra di Sicilia.
- Amuní, facciamo una passeggiata, - dice.
Lei pensa una passeggiata a piedi, ma lui prende l’auto. È un’Alfa Romeo GTV6 del 1981. Nobile e decaduta come ogni cosa in quella casa solitaria sotto l’anticlinale del Monte Eurako.
Lei la chiama la Casa di Nina, per l’asinella che la mattina, mentre prepara il caffè, scalcia alla porta per entrare in cucina, a stinnicchiarsi.
Lui è vecchio e dimostra più anni di quelli che ha. Ma gli piace atteggiarsi ancora da fimminaro, ricco e potente. Anche se ora gli son rimasti solo debiti, guai e una moglie malata.
Per questo l’ha portata lì. L’ha chiavata tutto un giorno e una notte. Per allontanare quelle ombre scure che gli gelano le gambuzze corte. Ora s’è fatto di nuovo giorno e si arrotola la prima sigaretta:
- Nica, - la chiama, - Nicuzza prepara il caffè che andiamo a fare una passeggiata.
Lei vuole il mare: il mare d’inverno, chiede. Scaglie azzurre che palpitano lontane, si intravedono da sotto i merletti delle foglie degli alberi d’olivo che sommergono la casa.
Non risponde, non spiega, sigaretta in bocca, finisce di lucidare l’Alfa.
- Acchiana, - dice.
Lei sale, si sistema su un sedile da corsa, sporco, malandato, si allaccia una cintura di sicurezza allentata che non assicura più nulla.
- Dove andiamo?
Non risponde, guida e si arrotola un’altra sigaretta.
- Non metti la cintura?
E’ siddiato, non risponde, tutte quelle domande lo infastidiscono. Mussia un no.
Ora è di nuovo padrone: auto da corsa, ‘na fìmmina a fianco, rolex al polso, sigarette. Guida veloce e sicuro.
Le Madonie si snodano sotto le ruote dell’Alfa.
- La cursa, - dice.
Lei non capisce.
- Questo è il circuito Florio,- spiega, - Ma di corse che ne sai tu, Nicaredda. Ci sono nato, ci sono cresciuto, su questo circuito guidavo che non avevo ancora la patente.
Bar, caffè, ancora una sigaretta e poi un’altra. E riprendono la passeggiata.
Lei è irritata. Lui ha chiamato la moglie. Una lunga telefonata. Lei ha aspettato, seduta sola al tavolino del caffè. Uomini che la fissavano.
Risalgono in auto. La strada è deserta.
- Fammi vedere che pilota sei.
- Ti spagni.
- Non mi spagno di nenti.
Non la guarda neppure. Preme l’acceleratore, l’Alfa risponde docile. Lei guarda fisso davanti. Lui accelera ancora e poi ancora. Tra loro cresce un silenzio ostile, la strada, invece, é un nastro di velluto che scorre via, mentre il paesaggio madonita si dilata duro, come il loro silenzio.
Lui vorrebbe che gli dicesse basta, smetti, va bene così, ma lei laconica snocciola numeri: 150, 180, 185, 188, 195, 200.
Non lo dirà mai, lo sa. Sospira, decelera gradualmente, rallenta, accosta, si ferma. Ha un leggero tremito alle mani, è rosso in volto, si prepara un’altra sigaretta.
- Qui mi capitò un incidente, stavo per superare quel gran pezzo di cornuto di un mio amico. Perché in gara son tutti cornuti, anche gli amici. Mi si parò innanzi il muro.
Lei lo guarda, non chiede, non risponde, non vuole sapere.
Riparte, piano.
Arrivano a casa senza scambiarsi una parola. Entrati lui è preso da un furore muto, la spoglia, vuole prenderla ancora e ancora, gli fa sangue, la sente docile e morbida tra le sue mani.
Poi lei con uno ciauto caldo, gli sussurra all’orecchio: - A cardioaspirina, ta scurdasti.
Le si sguscia via da sotto, va in cucina e fa entrare Nina a stinnicchiarsi un po’.
Lui rimane seduto sul bordo del letto, il volto paonazzo, l’uccello moscio e grigio tra le gambe sottili e bianche e quel gelo che risale e risale.