Ammuri
Pare che lei non se ne
sia mai andata. Invece è passato un intero inverno ed ora è di nuovo primavera
nella casa piena di sole sotto l’Eurako.
Quando lei era lì pareva
che ci fosse stata da sempre, gli sembrava che appartenesse a quella terra, e a
lui, come una promessa.
A lei piaceva passiàri
per la campagna, camminava e camminava. Ammuri muto e fedele non lasciava mai
il suo fianco. E non lasciava avvicinare nessuno, neppure Nina, che finito di
stinniccchiarsi in cucina, passiàva con loro, poco distante.
- Il tuo cane deve avermi
scambiato per una delle tue pecore, - diceva lei ridendo felice.
Lui la guardava e gli
ridevano gli occhi e pensava a quanto gli piaceva metterla alla pecora: a
letto, in cucina, in sala, sotto un albero di olivo. Un animale, quella donna
lo faceva diventare un animale.
Si arrotolò un’altra
sigaretta. La casa era vuota. Nina era scappata.
- Non l’hai cercata?
- Abbiamo firriàto pedi
pedi du jorna tutta la campagna prima di ritrovarla.
- E dov’è adesso?
Ha un moto di fastidio,
la voleva lì pronta, a cosce aperte e invece lei stava a dumannari, a inquisiri,
a siddiari.
- Giovannella, non la
vuole un’asina che si stinnicchia in cucina e poi scappa. L’ho data via, ma a
brave persone.
Giovannella è la sua
amante, lì facente funzioni di moglie, da quando sua moglie si è ammalata e si
è trasferita a vivere in città e lui è lì solo in quella grande casa sotto
l’Eurako e Giovannella si preoccupa e si prende cura e ci abbada.
- Vieni qui Nicuzza,
vieni vicino a mia, veni vita mia, veni.
Ma lei cocciuta più di
Nina carezzava Ammuri e non si cataminava. Entrambi lo guardavano muti, ma come
si mosse verso di lei, il cane ringhiò piano.
Si arrotolò un’altra
sigaretta, guardò la casa, la Casa di Nina senza Nica, non era più.