Joy Swim at NYC,
ovvero la (quasi) veridica storia della mia New York (a nuoto)
Era
troppo per crederla vera;
così
complicata, immensa, insondabile.
E
così bella, vista da lontano:
canyon
d’ombra e di luce,
scoppi
di sole sulle facciate in cristallo,
e
il crepuscolo rosa
che
incorona i grattacieli
come
ombre senza sfondo
drappeggiate
su potenti abissi.
(Jack
Kerouac)
8
settembre 2018, ore 18 circa (di NYC): cielo scuro, piove e tira vento. Sul
marciapiede di Manhattan vicino al Wards Island Bridge che collega l’Upper
Manhattan con Warden Island, ci sono io: bagnata e infreddolita. Vorrei
asciugarmi e cambiarmi, ma non posso il mio zaino è rimasto a Warden Island, al
di là del ponte. Thomas sta correndo a prenderlo.
Nell’attesa,
mi son tolta cuffia e occhialini ma il costume no, non posso toglierlo. Mi
coprono con un paio di asciugamani, mi chiedono se sto bene.
-
Yes, yes, I’m fine…
Sorridono
mi battono la mano sulla spalla, “Great
job Sabrina”, e se ne vanno.
Dopo
aver trascorso 8 ore 19 minuti e 34 secondi a nuotare attorno all’isola di
Manhattan, rimango sola, sotto la pioggia, sul marciapiede: da un lato, scorre
veloce l’East River, dall’altro, scorre lento il traffico di NYC dell’ora di
punta nella settimana della fashion week.
Che
ci faccio io qui?[1] (oltre aspettare fiduciosa
che Thomas recuperi lo zaino con i miei vestiti).
Com’è
che ci sono arrivata ad attendere i miei amici in costume sotto la pioggia tra
la 101th e la 102th strada?
5
settembre 1915, viene ufficialmente registrato il primo periplo a nuoto di
Manhattan. L’impresa è compiuta da Robert Dowling che la chiude in 13 ore e 45
minuti. Tra il 1916 e il 1926, invece, è la volta di tre donne: Ida Elionsky,
Amelia Corson e Charlotte Schoemmell.
Complessivamente, tra il 5 settembre 1915 e l’11 ottobre 2018, 1039
nuotatori hanno completato il periplo di Manhattan[2]:
tra questi si contano 11 italiani (10 uomini[3]
e una donna).
La
maratona oggi prende il nome di 20 Bridges (ex
MIMS - Manhattan Island Marathon Swim[4])
e si snoda lungo un percorso, antiorario, di 28,5 miglia (46 km), nelle acque
che circondano l’isola Manhattan, ossia:
-
l’East River, che – malgrado il nome -
non è un fiume ma un braccio di mare interno che bagna le sponde sud-orientali
di Manhattan, dividendola da Brooklyn e Queens;
-
l’Harlem River, che fa parte
dell’estuario dell’Hudson, collegando - all’altezza di Randall’s Island (circa
alla 125th Street) - l’East River con l’Hudson via Spuyten Duyvil Creek;
-
l’Hudson River (chiamato dai Nativi Mahicantuck, ossia
il “fiume che scorre in due direzioni”), che nasce come emissario di un lago dal nome romantico (Lake Tear
of the Clouds) e defluisce nell’Oceano Atlantico, passando tra Manhattan e il
New Jersey e sfociando nella baia di NYC dopo averne superato il porto. Si noti
che l’Hudson, dall’altezza di Troy fino a New York, è più un estuario soggetto
alle maree che un vero e proprio fiume e nelle sue acque si mescolano acqua
dolce e acqua salata[5].
Ciò detto, occorre tener presente che lo scorrere delle acque dei tre fiumi è
strettamente interconnesso: difatti, quando nell'East River c'è alta marea
che scorre da sud a nord, sul lato opposto l'Hudson sta andando
esattamente nella stessa direzione, mentre l'Harlem se ne sta scorrendo
in verso ostinato e contrario (e viceversa) [6].
1
novembre 2017, ore 18 (ora locale quaggiù in Italia, ore 12 a NYC): ho tutto
pronto (da mesi) e sono piazzata davanti al computer. Alle 18,05 ho già finito
e inviato. Ho avuto solo un momento di indecisione per la data: agosto o
settembre? Invio. Non resta che attendere.
8
novembre 2017, ore 22 (sempre ora locale quaggiù in Italia): ho appena finito
di tenere la prima lezione di diritto d’autore alla Scuola di Cinema di Milano.
Per circa quattro ore ho spiegato, illustrato casi, risposto a domande. A fine
lezione sono un po’ afona e un po’ rincitrullita e, soprattutto, spero di non
aver annoiato i miei studenti. Accendo il cellulare. Il primo messaggio che
leggo è quello di Peter: “Ciao Sabrina,
complimenti per NY!”.
E
io mi chiedo: “ma che ne sa Peter di NY?”
A parte informare Paolo, il coach (“Coach
che ne pensi della 20bridges?”, “Sabrina,
certo che la puoi fare” [7]),
e Erich, il responsabile della mia squadra (Gonzaga Sport Club[8]),
ero rimasta muta neanche fossi stata un cospiratore carbonaro pronto dar fuoco
alle polveri contro il re borbone.
Cerco
impaziente tra i messaggi di posta elettronica. Eccola, l’ho trovata: “Swimmers, We have been extremely busy reading through your application
for the 2018 season of 20 Bridges. We received 123 sing ups in 10 hours for 60
spots. We are extremely excited to announce the lineup for the 20 bridges 2018,
which can be found at this link (…). We made the selections based upon a
variety of criteria: order received, marathon swimming resumes, international
diversity, date preference, service to the open-water swimming community, and
gender balance”.
Scorro
la lista alla ricerca del mio nome: 30 giugno…sorpresa c’è un italiano, Luca
Pozzi[9];
14 luglio…nulla; 25 agosto…doppia sorpresa ci sono due miei amici italiani,
Peter Mostacci (ora capisco il messaggio) e Giuseppe D’Alessandro; 8
settembre…eccomi, ci sono. Ho 11 mesi per prepararmi. Avviso il coach, ma prima
ancora avviso Thomas.
15 agosto 2016, ore 15, Sicilia, casa della zia: Thomas al computer sta cercando qualcosa:
-
“Lo sapevi che a NY oggi stanno nuotando
attorno a Manhattan per la 20 Bridges, guarda da questo link si può seguire il
percorso”.
Lo
ignoro, tra poco più di un mese tenterò la traversata a nuoto Vulcano – Capo
Milazzo, ho ben altro per la testa (permessi, barche, medico, cronometristi,
assistente di salvataggio, condizioni meteo, etc. etc.)[10].
La
zia, invece, finisce di preparare il caffè: doppio, scuro, forte, al
cardiopalma come solo lei sa preparare. Si accende l’ennesima sigaretta, guarda
il computer con Thomas, ci pensa sopra e, tra una boccata di fumo e l’altra,
chiede: “Ma perché non la fai pure tu?”.
4
settembre 2018, ore 17 (di NYC) aeroporto JFK: in coda per il visto, assonnati,
frastornati, accaldati. Fuori ci attende un caldo asfissiante e un taxista
sorridente: destinazione East Village, obiettivo completare la maratona a nuoto
dell’isola di Manhattan, nota come 20 Bridges.
Ma
cos’è esattamente la 20 Bridges?
Dopo
che NYC Swim aveva interrotto l’organizzare della circumnavigazione di
Manhattan, vuoto e scompiglio si erano creati nella comunità delle acque
libere: la maratona faceva parte della c.d. Triple Crown, ossia l’ambito
riconoscimento che viene attribuito a quei nuotatori che hanno concluso con
successo: la traversata della Manica (34 km tra l’Inghilterra e la Francia); la
traversata dello stretto di Catalina (33km dall’Isola di Catalina a Los
Angeles) e il periplo di Manhattan (46km). Per colmare il vuoto lasciato, NYOWS[11]
decide di riprendere in mano l’organizzazione chiamandola 20 Bridges[12]
e nel 2016 i primi 22 nuotatori, sotto l’egida della nuova organizzazione,
completano il periplo con successo.
Ma la 20 Bridges, non è solo questo: alcuni la definiscono una “partita a scacchi” tra il
nuotatore e tre fiumi mozzafiato, che si gioca mentre si circumnaviga un'isola
straordinaria; altri un "tango" con le maree che, dandosi il cambio ogni
6 ore, fanno danzare il nuotatore, nella sua circumnavigazione in senso antiorario.
Riuscire a completare la 20 Bridges, dunque, è principalmente questione di
centrare i tempi, trovandosi a nuotare, in base all'andamento delle maree, nel
posto giusto al momento giusto[13].
E così, ad esempio, nell’Hudson è possibile nuotare solo nel momento in cui inizia la
bassa marea e le acque scorrono da nord a sud[14]. In questo contesto ambientale,
fondamentale nell’individuare le date con il luogo e l’orario di partenza dei nuotatori, è
il ruolo di Rondi Davies[15] dato che nessuno meglio di lei conosce, e sa calcolare, le
maree cui è soggetta Manhattan.
13
dicembre 2017, ore 9 (di Milano), Ospedale San Giuseppe, pronto soccorso: che
ci faccio io qui? Sospiro, osservo lo sgocciolio lento della flebo, che sembra
non finire mai, rispondo al telefono, mando e-mail, cerco di non pensare. Mi
rilasciano che è sera, una sfilza di accertamenti da fare, vorrei andare a
casa, ma prima passo in studio.
5
gennaio 2018, ore 21(di Milano), piscina Gonzaga: sotto lo sguardo del coach
che - cronometro alla mano - segna tutti i passaggi, finisco (malamente) il
primo allenamento lungo della stagione (9km). A casa mi sale la febbre. Non ci
penso, parola d’ordine: Tachipirina & Ottimismo. Lunedì sono di nuovo in
studio, parola d’ordine: Nuota et Labora.
5
settembre 2018, ore 20 (di NYC): nella casa che abbiamo affittato, la “gang” di
amici che mi accompagna in quest’avventura, è finalmente al completo. Sono
presenti: mia figlia (Sara), Thomas (che con la sua esperienza sarà il mio
head-crew[16]), poi Laura con i suoi
due figli (Mauro e Cecilia), infine Cristiana e Andrea. Insomma: Fab7 + 1. In
seguito, ribattezzato da Thomas, “gruppo-guscio”.
8
gennaio 2018, Milano: good, good news!
La squadra si fa carico di buona parte delle spese di iscrizione e di alloggio,
e P7 Viaggi s.r.l. di Milano sponsorizza il volo. Ora non resta che convincere
la gang a partire per NYC (…non è stato difficile tutti hanno aderito entusiasti).
30
giugno 2018, Trofeo di Nuoto Città di Pineto[17]:
ennesima gara della stagione: 14km, mare difficile causa mal tempo che ha
costretto gli organizzatori a un cambio di percorso in extremis. Per di più ho
la testa distratta: oggi è la prima delle 4 date della 20 Bridges 2018 e tra i
15 nuotatori c’è un italiano: Luca Pozzi. Non lo conosco, ma con la sua
biografia di nuotatore, scienziato e punk rocker[18],
mi sta già simpatico e, ovviamente, tifo per lui. Risultato: con la 20 Bridges
in testa dimentico di seguire la rotta, prendo il largo verso l’alto mare aperto
e gli organizzatori devono mandare una barca a riacciuffarmi, prima che finisca
chissà dove.
7
settembre 2018, NYC, ore 9: tutta la gang è sveglia, affaccendata e agitata per
domani. Entrambe le caffettiere (quella italiana e quella americana) sono in
continua ebollizione: la ricetta della zia viene applicata con successo anche
al caffè americano, che invece della solita pallida risciacquatura, esce nero,
bollente e fumante come una colata lavica. Mentre c’è chi prepara la frutta,
chi strapazza le uova, chi esce a comprare i bomboloni alla crema, si discute
appassionatamente su una decisione vitale: il menù della serata. Carico di
carboidrati, sentenzio. Che tradotto, significa dosi pantragueliche di pasta.
Andrea si offre come cuoco, Cristiana come aiuto cuoco. Di buona lena preparo
la lista della spesa: sulla colonna di destra scrivo diligentemente la spesa
per la cena che mi detta Andrea; sulla colonna di sinistra quella per la
giornata di domani che mi detta Thomas.
Al
supermercato, Thomas chiede: - Dov’è la
lista? La lista l’ho dimenticata a
casa. Andiamo a memoria, riempiamo il
carrello. Thomas chiede: Dov’è il
carrello? Il carrello l’ho abbandonato da qualche parte. Ripercorriamo il
supermercato alla ricerca del carrello perduto, Thomas sospira:
-
Ok, hai un bonus scemate fino a domani.
25
agosto 2018, Sicilia: reduce dalle gare di Milazzo disputate nel fine settimana[19],
tensione e stanchezza si fanno sentire. Mentre sale la febbre, che la zia
prontamente stronca con la sua cura speciale a base di caffè nero &
tachipirina, seguo on-line la 20
Bridges che si tiene oggi: tra i 15 nuotatori ci sono Giuseppe e Peter,
fortissimi nuotatori palermitani[20].
27
agosto 2018, Milano: abbattuta la febbre, affronto l’ultima settimana di lavoro
prima della partenza, chiudo gli allenamenti e inizio a compulsare con
apprensione le previsioni meteo su NYC (che sono in peggioramento). Nel
frattempo, all’orizzonte si sono profilate due novità. La prima, è una
telefonata di Riccardo Barlaam, corrispondente dagli Stati Uniti per il
Sole24Ore e, soprattutto, appassionato di sport di endurance[21],
il quale vorrebbe seguire la 20 Bridges sulla barca d’appoggio. La seconda,
invece, è una e-mail d’informazione degli organizzatori su una difficoltà
logistica che porterà ad una variazione al programma: il ponte ferroviario
girevole Spuyten Duyvil (situato a
nord di Manhattan, dove l’Harlem River incontra l’Hudson River), è chiuso per
manutenzione. Ciò significa che solo le canoe ed i nuotatori potranno passare
sotto il ponte, ma non le barche. Ciò comporta che mentre i primi partiranno,
come già stabilito alle 9.30 a.m. da Mill Rock nell'East River, le barche
d’appoggio, con la crew e il giudice volontario aspetteranno i nuotatori
all’ingresso dell’Hudson (ossia a circa due/tre ore dalla partenza).
8
settembre 2018, ore 6: metà della gang (Thomas, Cristiana, Andrea e io) è
sveglia e indaffarata: colazione, zaini in spalla, saluti ai senzatetto che
stazionano davanti casa, e con i quali siamo in cordiali rapporti, e via verso
la fermata del metrò. La fermata però la sbagliamo. A passo di marcia tiriamo
via dritti. Torniamo indietro, andiamo avanti, consultiamo la mappa,
zigzaghiamo, ci siamo persi. Entro in modalità ronzino, non dico nulla, testa
bassa, vado dove mi porta la gang.
8
settembre 2018, ore 7: finalmente siamo sul metrò, direzione Upper Manhattan –
East Side. Appoggio la testa sulla spalla di Thomas e mi addormento.
8
settembre 2018, ore 8: cielo coperto, vento e un caldo umido che si attacca ai
vestiti.
A
Warden Island, finalmente incontro il kayaker che mi è stato sorteggiato: John Hughes.
John (di professione Senior Vice President presso Morgan Stanley) ha grande
esperienza sia come nuotatore di acque libere, sia come canoista che accompagna
i nuotatori. Breve spiegazione del feeding plan (ogni 30 minuti, secondo lo
schema messo a punto insieme a Thomas il giorno prima) e poi ci accordiamo sui
segni per comunicare tra di noi quando saremo in acqua.
Briefing
generale degli organizzatori ai nuotatori (16 in tutto tra i quali 5 donne)[22]
e ai loro kayakers, foto di rito, ultimi preparativi (semplici e veloci dato
che si tratta d’indossare solo il costume d’allenamento, cuffia e occhialini,
essendo banditi - e disdegnati - sia costumi da gara che, soprattutto, le mute[23]).
Via si è fatta già l’ora della partenza.
8
settembre 2018, ore 9,20: divisi a piccoli gruppi con partenze scaglionate, una
barca ci porta un po’ più sopra a Mills Rock mentre le rispettive canoe
aspettano all’altezza di Warden Island.
Alle
9.30 viene dato il segnale di partenza. Mi tuffo, inizio a nuotare e le prime
bracciate le sbaglio: sbaglio la presa dell’acqua, sbaglio a respirare, bevo
(eh sì, ho bevuto l’acqua dell’East River, ma anche quella dell’Hudson e
quella, ben peggiore, dell’Harlem River e sono sopravvissuta senza danni … pare).
Nel
frattempo, John mi si è affiancato, con lui vicino l’agitazione si placa, trovo
il ritmo giusto e dopo un po’ entriamo in sintonia.
C’è
un po’ di controvento, ma la corrente che spinge a favore fa scivolare via
leggeri sull’acqua (che è calda, circa 26 gradi). In pochi minuti raggiungiamo
il primo ponte: è il Wards Island Bridge[24]
e il passaggio viene salutato da John con alti “swim-sabri-swim” di incoraggiamento.
8
settembre 2018, ore 9,38, inizia la prima alta marea nell’Harlem River[25],
il quale più che un fiume sembra un tubo in cui viene strizzata dentro acqua a
tutta velocità[26], il vento è aumentato, e
soffia a strappi formando piccole onde increspate di bianco. L’acqua si è fatta
spessa e oleosa e cerco di fare attenzione per non bere, mentre le onde mi
schiaffeggiano ogni volta che provo ad alzare la testa.
8
settembre 2018, ore 11,30, sull’Hudson a La Marina Cove, le barche sono pronte
e attendono i nuotatori un po’ più avanti del Washington Bridge, all’altezza del
Riverside Park, una lingua di polmone verde tra skyscrapers & highway[27]
(d'altronde New York è una città in piedi[28]).
Sulla mia barca ci sono, oltre a Thomas e Riccardo, il proprietario Dave
Lobycz, ferroviere appassionato di pesca d’altura e fan di Trump, e Liz
Morrish, docente presso l’Università Newcastle (UK), con funzione di observer, che segue la mia nuotata,
cronometra i passaggi e controlla che tutto si svolga secondo le regole
stabilite dalla Marathon Swimming Federation, note come “The Rules of Marathon
Swimming”[29].
8
settembre 2018, (con qualche approssimazione) ore 11,30, mi sto avvicinando al
quindicesimo ponte: lo Spuyten Duyvil Bridge. Alzo la testa e lo vedo incombere col
suo profilo scuro, basso, massiccio. Sotto, l’acqua Spuyten
Duyvil Creek, ossia dell’estuario che connette l’Hudson con l’Harlem, ribolle
scura.
Subito
dopo John mi fa notare che stiamo passando sotto la Columbia University
segnalata dalla gigantesca C azzurra dipinta sulla roccia (nota appunto come
“The C Rock”) e mi avvisa: We’re entering
the Hudson, ready to fly
8
settembre 2018, ore 12,15 (più o meno) entro nell’Hudson e inizio a volare. Ma
a volare proprio: sul lato destro, mi coglie di sorpresa un’onda lunga e alta, che
mi solleva all’improvviso e mi porta su, su, su. Sotto vedo John che si
destreggia per non far capovolgere la canoa. Neanche il tempo di capire e vengo
spinta giù, mentre John sulla canoa viene sospinto in alto. Poi, è di nuovo la
mia volta a trovarmi lassù in alto di quest’altalena d’acqua. Alzo la testa per
dare un’occhiata intorno e la curva dell’Hudson mi sembra immensa.
- Òcio la curva!
- Grida la veneta che alberga in me e mi sovvengono gli ammonimenti della 20
Bridges Study Guide: “The Hudson changes
everyday. I have seen it flat as a pancake with no current and also choppier than
the English Channel with big winds blowing from the south right into your face.
So, you will not know what the Hudson will look like and act like until you get
there”.
Nel
frattempo, si è affiancata la nostra barca, sento che mi chiamano e mi
incoraggiano. Mi rianimo, il tempo per un rifornimento veloce e poi sento la
corrente fortissima dell’Hudson che mi spinge via, in un attimo sono sotto il
Washington Bridge, mi giro sul dorso per guardarlo dal basso. Poi riparto a tutta
forza, cercando di sfruttare al massimo la spinta favorevole. L’orizzonte
costellato di grattacieli mi batte sugli occhi un attimo e fluisce via.
Ogni
tanto alzo la testa, per capire dove mi trovo: in lontananza, si profilano i
grattacieli della Lower Manhattan, sembrano a una distanza schiacciante, ma bracciata
dopo bracciata si fanno sempre più grandi e sempre più vicini. Ho l’impressione
di nuotare con un’accelerazione incredibile, più lesta che mai, via,
via, e via, come andrebbe una palla di fucile[30].
Del resto, si dice che a New York si ha
l’impressione che le cose avvengano più velocemente che altrove[31].
8
settembre 2018, ore 15,30 (circa), il porto di New York[32],
pare venirmi incontro a passo di tango, e come ogni passo di tango che si
rispetti è dannatamente complicato: John cerca la via zigzagando, tra traghetti
in entrata, traghetti in uscita, pesci morti.
E’
un continuo stop-and-go, stop-and-go, mentre sopra la mia testa
elicotteri si alzano in volo e atterrano, sull’eliporto della Lower.
- Sabrina, stop wait the ferry. – Grida John. Mi
fermo, aspetto che passi il traghetto, i passeggeri salutano, io ne approfitto
per pulire gli occhialini e guardare la Statua della Libertà – Go Sabrina
go. – Riparto – Stop. – Mi fermo
– Ok, go. – Riparto. – No, stop. – Ok stop. – Go,
Sabrina, swim. – Riprendo a nuotare in un trambusto di navi, elicotteri, pioggia,
vento, onde che si alzano e si abbassano irregolari (e noi con loro). Questo
non è più un tango, ma il set di Apocalypse Now, con lei, Miss Liberty - grigia
di vento e pioggia - sullo sfondo che tiene ben alta la fiaccola.
8
settembre 2018, ore 16,30 (approssimativamente), il prossimo obiettivo è il diciassettesimo
ponte: il ponte di Brooklyn. Dalla mia prospettiva, New York sotto la pioggia
battente, sembra un grande animale luccicante e agitato e l’East River è
un’enorme lavatrice che gira e rigira inquieta le sue acque e tutto quello che
ci sta dentro. Del resto, se nel loro destino “tutti dovrebbero avere un Lower East Side nella loro vita”[33],
vuol dire che questa è la Lower che mi spetta.
Il
passaggio sotto il ponte di Brooklyn, lo saluto nuotando sul dorso. Subito dopo
è la volta del Manhattan Bridge, ma questa volta niente dorso, l’East River si
è fatto selvaggio, le condizioni meteo sono peggiorate. Siamo entrati nella
Hell Gate Area[34] e situazione si fa
impegnativa anche per chi sta sulla barca. Io mi sento strattonare da ogni dove,
un attimo di distrazione e John ed io siamo lontani. Mi riavvicino al kayak: vedo
John impegnato a non ribaltarsi; vedo vento e pioggia che lo sferzano; sulla
coda del kayak, vedo la bandiera italiana che sventola rabbiosa. Mi piomba
addosso la stanchezza: le spalle si fanno pesanti, presagisco l’arrivare dei
crampi, rallento il ritmo e penso:
– Basta.
Vorrei
una tregua, un armistizio, un trattato di pace con le onde. John se ne accorge
e a gran voce, che presto il vento disperde, grida:
- Come on Sabrina, only eighty blocks left.
- Come ottanta?
– penso - Ottanta blocks sono tantissimi!
Nooo, no avrà detto eight. Otto. Sì, ha detto eight. Eight blocks left.
Continuo
a nuotare e nel frattempo mastico e rimastico quell’informazione: Otto, otto…Eeh no, eight non è eighty. Forse
ho sentito male. Avrà detto eighteen. Sì, sì è così ha detto eighteen. Eighteen
blocks left.
Avanzo
a fatica e intanto ci ripenso: Ma no, no
ha detto proprio eighty. Eighty blocks left.
Eighty blocks … left
!!!…con l’East River in queste condizioni mi sembrano una distanza
irraggiungibile. L’unica cosa sensata da fare è seguire gli ultimi suggerimenti
del coach, prima della partenza per NYC:
-
Comincia a nuotare e continua fino alla
fine, poi fermati[35]. Tra l’inizio e la fine stai concentrata,
cura la bracciata, allungati, fai attenzione alla presa, allungati e,
soprattutto, zitta e nuota[36].
Ecco
ho ritrovato il ritmo, nel frattempo il vento ha smesso di soffiare e, dagli
occhialini ormai appannati, New York, con lo sparluccichio dei suoi
grattacieli, mi pare davvero che abbia tutta l’iridescenza dell’inizio del mondo[37].
Finalmente
ho superato anche il ventesimo ponte, il Queensboro Bridge, e quasi non me ne
sono accorta … peccato perché, stando a quanto ha scritto Scott Fitzgerald,
sembra che, vista dal Queensboro Bridge, New York appaia nella sua prima, selvaggia
promessa di tutto il mistero e di tutta la bellezza del mondo”, ma chissà
forse intendeva una vista da sopra, e non da sotto, il ponte[38].
Intanto
conto e riconto e mi perdo in mille pensieri e non mi accorgo che John ha
rallentato e, per la prima volta non è più al mio fianco, ma si è posizionato dietro
Sento che grida qualcosa, mi fermo, ha alzato il remo e indica alla mia destra:
-
Sabrina, look Mill Rock!
Eccola
davanti a me Mill Rock: dopo 9 ore 19 minuti e 34 secondi dalla partenza, sono
di nuovo lì davanti.
Il
periplo è completato. E’ ricominciata la pioggia. Io vorrei solo dei vestiti
asciutti. Thomas sta correndo a prenderli.
Epilogo:
mentre Thomas correva da Manhattan a Warden Islans a prendere zaino e vestiti,
i miei amici, Harry e Laura, che mi attendevano a Warden Island correvano in
direzione contraria per cercare almeno di offrimi il riparo di un ombrello.
Post scriptum:
9 settembre 2018, e-mail degli
organizzatori della 20 Bridges: “The closed Spuyten Duyvil Railroad Bridge
meant swimmers were quietly alone with their kayakers in the Harlem. The Hudson
had fast currents and strong tail winds caused swimmers to fly to the Battery.
Wind and ferry traffic created large chop in the East River. Cool temps and
added logistical challenges made for a true adventure on this one.
Congratulations swimmers and a big thank you to all the support teams:
kayakers, crew, observers, boaters, and volunteers”.
10 settembre 2018, e-mail di John
Hughes: “Hi Sabrina, I’m happy that I never capsized the boat. There were a few
times when the waves broke right over the kayak. Like coming into the Hudson
from the Harlem and also down at the bottom of the Hudson at the southern tip
of Manhattan”
Sin ringrazia la rivista Quotidiano Giuridico per l'ospitalità:
[1] Che ci faccio io qui?
(What Am I Doing Here, 1988), è il felice titolo del libro con cui Bruce
Chatwin, raccolse i racconti di viaggi della sua vita, poco prima di morire. In
Italia il libro è edito da Adelphi, nella traduzione di Dario Mazzone.
[2] A questo link tutti i dati:
https://www.nyopenwater.org/20-bridgesmanhattan-island-swim-solo-swim-results/
[3] Il primo nuotatore
italiano è Mauro Cozzoli che ha completato il periplo di Manhattan il
10.08.1991, in 08:19:19. Seguono: 16.06.2007 Paolo Chiarino (10:32:39);
05.07.2008, Mauro Giaconia (08:02:42); 18.06.2011 Salvatore Tullio (08:21:18);
23.06.2012 Thomas W. Kofler (09.33:47); 28.06.2014 Salvatore Cimmino (09:34:46);
12.07.2014 Marco Sodi (09:45:34); 30.06.2018 Luca Pozzi (08:21:57); 25.08.2018
Giuseppe D’Alessandro (09:14:43) e Peter Mostacci (09:43:21) e infine io…
[4] La Manhattan Island
Marathon Swim (MIMS) è stata fondata nel 1982 dalla Manhattan Island Swimming Association,
che ha tenuto dieci gare annuali fino al 1991. Dal 1992 al 2015, MIMS è stata
organizzata da NYC Swim. Mentre a partire dal 2016, ha preso il nome di 20
Bridges, e viene organizzata da New York Open Water Swim (NYOWS).
[5] Per chi volesse saperne
di più sull’Hudson si rinvia al seguente link: https://www.dec.ny.gov/lands/4923.html
[6] Cito dalla “20 Study Guide” di Louise Hyder-Darlington, che mi ha
gentilmente inviato Luca Pozzi: “The East and Hudson Rivers mimic
each other - meaning, when the East River is in Flood tide flowing from south
(from the ocean traveling north) to north, the Hudson River (on the opposite
side of the island of Manhattan) is doing the exact same thing - it is also in
flood. Stage and also moving from south to north. BUT - and this is the big BUT
- the Harlem River is doing the opposite. The Harlem River follows the flow of
the Hudson River but in reverse”.
[7] Paolo Felotti, ha iniziato
come nuotatore con numerose convocazioni in
Nazionale negli anni ’80 ed è stato campione mondiale ed europeo Master nel
dorso e nella staffetta mista (dove è stato anche primatista mondiale ed
europeo). Attualmente è il coach del Gonzaga Sport Club di Milano, e non
ha mai dubbi né tentennamenti ogni volta che vado a chiedergli: “Coach… e se provassi a fare questa
traversata?...”.
[8] Erich Persico è un
nuotatore con grande esperienza in piscina e in acque libere, nonché
responsabile del Gonzaga Sport Club di Milano: https://www.gonzagasportclub.it/
; https://misternessunoblog.wordpress.com/2016/09/30/gonzaga-sport-club-unidea-nuova-di-proporre-nuoto/
[9] L’interessante
descrizione di Luca della sua esperienza alla 20 Bridges (nonché ad altre sue bellissime
traversate), si può leggere nel suo blog al seguente link http://mrpozzi.github.io/2018/10/04/river-lake-ocean/?fbclid=IwAR1r6w64klYKus-9SMFMz1fW2V9cRLOic3bSh1I8fq5T1xLHRWow6TnTo3Y
[10] A questi link può
leggersi il mio resoconto della traversata Vulcano, Punta Bandiera – Capo Milazzo
tenutasi il 26.09.2010: https://swimlosophy.blogspot.com/2018/01/
; http://www.baiadigrotta.it/giacomin_peron.html
[11] NYOW è stata fondata nel
2016 da David Barra e Rondi Davies (entrambi nuotatori di acque libere), nonché
Alex Arevalo (canoista). Per chi fosse interessato, al seguente link si possono
reperire maggiori informazioni https://www.nyopenwater.org/history/
.
[12] Partendo, come ho fatto
io, da Mills Rock i ponti che i nuotatori si trovano a passare (sotto), sono in
ordine di passaggio:
nell’Harlem
River
1. Wards Island Bridge (anno
costruzione 1951/ lunghezza 285.6 mt)
2. Triborough Bridge (anno
costruzione 1936 / lunghezza 230 mt)
3. Willis Avenue Bridge (anno
costruzione 1901/ lunghezza 979 mt)
4. Third Avenue Bridge (anno
costruzione 1898/ lunghezza 853.44 mt)
5. Park Avenue Bridge (anno
costruzione 1954/ lunghezza 100 mt)
6. Madison Avenue Bridge (anno
costruzione 1910 / lunghezza 577 mt)
7. 145th Street Bridge (anno
costruzione 1905 / lunghezza 489 mt)
8. Macombs Dam Bridge (anno costruzione 1895 /
lunghezza 774 mt)
9. High Bridge (anno
costruzione 1848 / lunghezza 600 mt)
10. Alexander Hamilton Bridge
(anno costruzione 1963 / lunghezza 724 mt)
11. Washington Bridge (anno
costruzione 1888 / lunghezza 723.9 mt)
12. University Heights Bridge
(anno costruzione 1908 / lunghezza 82 mt)
13. Broadway Bridge (anno
costruzione 1962 / lunghezza 170.08 mt)
14. Henry Hudson Bridge (anno
costruzione 1936 / lunghezza 673 mt)
15. Spuyten Duyvil Bridge (anno
costruzione 1899 / lunghezza 186 mt)
nell’Hudson
River
16. George Washington Bridge
(anno costruzione 1931 / lunghezza 1,450.85 mt)
nell’East River
17. Brooklyn Bridge (anno
costruzione 1883 / lunghezza 1,825 mt)
18. Manhattan Bridge (anno
costruzione 1909 / lunghezza 2,089 mt)
19. Williamsburg Bridge (anno
costruzione 1903 / lunghezza 2,227.48 mt)
20. Ed Koch Queensboro Bridge
(anno costruzione 1909 / lunghezza 1,135 mt)
[13] Il riferimento viene dal blog di Luca Pozzi: “Louise decribes the swim as a “chess match between the
swimmer and three of the most amazing rivers”, and she surely hits the spot
since it’s all about timing and making it to the right place by the right time.
Her advice on strategy can be summarized by these 3 rules: #1 Be relaxed, keep your head down (you do not need to sight ever
thanks to the kayaker) and just concentrate on swimming well. #2 Feed and hydrate well: specially on
hot days you’ll be losing a lot of water. #3
Pace: this swim is a Tango with the tides. These were the mantras that got me
through the swim” (http://mrpozzi.github.io/2018/10/04/river-lake-ocean/?fbclid=IwAR2LPDVMhyYdPgw3qpILLfvynwrzeQMrEMWGwQGhoF40ejMmvRb7Y-EiLho).
[14] Cito sempre da 20 Bridges Study Guide: “tides turn
every 6 hours and you cannot beat the Hudson River once it turns to flood tide.
You will hit the Hudson River when it begins Ebb tide and is running from the
North to the South”.
[15] Rondi Davies nel suo profilo twitter sinteticamente si definisce come “Earth Scientist, Teacher, Mentor, Open Water
Swimmer, Tidal Current Geek, co-founder of NYOW, Mum”. Io sintetizzerei in una
sola parola: “Bravissima!”
[16] Thomas W. Kofler, al
momento, è l’unico nuotatore italiano ad aver completato con successo la
traversata della Manica, quella dello stretto di Catalina (CA – USA) e il
periplo di Manhattan e, quindi, ad aver ottenuto l’ambito riconoscimento noto
come “Triple Crown”.
[17] Dal 2008 a Città di
Pineto (PE) si tiene un bellissimo trofeo di nuoto nato da un’idea di Cristina
De Tullio. Al seguente link maggiori informazioni: http://www.spatangus.it/pineto.html
[18] Luca è originario di
Torino, ma vive e lavora a San Francisco, a questo link la sua biografia: https://www.nyopenwater.org/20-bridges-swim/2018-20-bridges-swimmer-biographies/201820b1/
[19] Nel fine settimana del
18-19 agosto, a Milazzo si sono disputate le seguenti gare FIN: periplo di Capo
Milazzo, 16km; la traversata dello Scarabeo, 6.4km e il Miglio di Milazzo.
[20]A questo link le loro
biografie: https://www.nyopenwater.org/20-bridges-swim/2018-20-bridges-swimmer-biographies/201820b1/
[21] Riccardo ha anche
scritto e diretto il docu-film, I pesci
combattenti, che racconta la storia di 7 nuotatori paralimpici milanesi e della loro preparazione in vista dei Giochi
Paralimpici di Rio de Janeiro.
A questo link si può leggere la biografia
di Riccardo https://argomenti.ilsole24ore.com/riccardo-barlaam.html;
mentre il trailer del film si può vedere qui: https://www.youtube.com/watch?v=avE_ISY8344
[22] Di
seguito i nomi e le nazionalità dei nuotatori: Quing Li (USA); Eyal Schachner (ISR); Michael Teys (AUS); Kate
Steels-Fryatt (GBR); Lauren Byron (USA); Gonzalo Nadal (MEX); Craig Dunbar
(USA); Matt Gurry (USA); Mark Johansen (GBR); Ken Mignosa (USA); Erin O’Leary
(USA); Christopher Willis (GBR); Trevor Colman (GBR); Sabrina Peron (ITA); Lynn
Kubasek (USA); Lyn Goldsmith (USA).
[23] La parola d’ordine per
chi affronta queste traversate è “only
wimps wear wetsuits”.
[24] Noto anche come 103rd Street Footbridge, è un ponte
pedonale sull’Harlem River che collega Manhattan con Wards Island.
[25] Il coefficiente di marea
segnalato è molto alto, circa 100ft.
[26] Cito sempre dalla 20 Bridges Study Guide: “The Harlem
is a very narrow waterway. It is like water being squeezed through a tube”.
[27] Cit. Riccardo Barlaam, L’avvocato-pesce
a Manhattan, Il Sole24Ore, 16 settembre 2018.
[28] Citazione di
Louis-Ferdinand Céline, scovata nel libro di Corrado Augias, I segreti di New York, Mondadori, 2001,
preso dalla valigia di Laura:
- Laura mi
presti uno dei tuoi libri?
- Giù le
mani dai miei libri!
- Ok,
prendo questo di Augias.
- Tu non
sei una che ascolta, vero?
[29] Cit. Riccardo Barlaam.
Le regole della Marathon Swimming Federation invece si possono trovare qui: http://marathonswimmers.org/rules/8_swim-rules/
[30] C. Collodi, Le avventure di Pinocchio: “E Pinocchio a nuotare, più lesto che mai, e via, via, e via,
come andrebbe una palla di fucile”.
[31] Citazione di Lawrence
Block, dal già citato libro di Augias.
[32] Dalla Treccani.it: “Le proporzioni del porto sono gigantesche:
la fronte d’acqua lungo la costa e i moli, misura una lunghezza di ben 1600 km;
la superficie è di 3900kmq; il numero dei moli, delle banchine, dei bacini
supera le 1800 unità, di cui circa un migliaio lungo il fiume Hudson, tanto
sulla sponda di Manhattan, quanto su quella dello stato del New Jersey e lungo
l’East River e i suoi tributari (lato di Manhattan e sponda di Long Island).
Servono il porto oltre 150 linee regolari di navigazione, di cui 12 per il
traffico interno e 28 per quello di cabotaggio, oltre a numerose linee per il
traffico portuale e quello di Barge Canal”
(http://www.treccani.it/enciclopedia/new-york_%28Enciclopedia-Italiana%29/).
[33] Traduzione libera della
frase di Irving Berlin “Everybody ought to have a lower
East Side in their life”.
[34] La migliore descrizione, per un nuotatore, della Hell Gate Area si può trovare nella 20
Bridges Study Guide: “when the
Hudson flows to the north, the Harlem flows to the south. This is what causes
the counter currents in the Hell Gate area. You have the East River (again,
which flows at the same time as the Hudson) so the Hudson and East River will
flow to the north moving very fast, while the Harlem is being pushed in a
southerly direction by the action of the Hudson River. Thus you have the fast
northward moving East River hitting head first against the fast southward
moving Harlem River - this happens at Hell Gate. The Hell Gate area is easy to
find on a map of the island of Manhattan - on the map - look at the eastern
side of the island. You will see the Brooklyn Bridge, Manhattan Bridge and then
the Williamsburg Bridge. Then there is a long section leading up past the UN
building in toward an opening with a small little island in the middle of the
water – Mill Rock. Mill Rock sits in the middle of the Hell Gate Area. You will
know you are past Hell Gate when you finally pass under the Footbridge at the
entrance to the Harlem River”.
[35] Va bene, lo ammetto,
queste non sono le esatte parole del coach (anche se ne
riprendono esattamente il senso), ma
sono le esatte parole di L. Carrol, Alice nel paese delle meraviglie (cap.
XII): “Il Coniglio bianco si mise gli occhiali e domandò: — Maestà,
di grazia, di dove debbo incominciare ? — Comincia dal principio, — disse
il Re solennemente... — e continua fino alla fine, poi fermati.
[36] “Zitta e nuota”, sono invece le esatte
parole del coach, che cita Dori nel film Disney Alla ricerca di Nemo.
[37] F. Scott Fitzgerald, dal
solito libro di Augias.