Translate

domenica 20 aprile 2025

Fuori Linea #17 Nel zògo del pìndolo vale tutto!

 



Nel zògo del pìndolo vale tutto!

 

- “Ara che ‘riva!”

- “Ara che lo ciápo!”

Così è el zògo del pìndolo.

Un giocatore batte el pìndolo per lanciarlo il più lontano possibile. Serve forza e precisione. Maggiore è la forza più il pìndolo va veloce. Più è veloce più è pericoloso.

L’avversario deve brincàrlo al volo. Serve òcio, destrezza e coraggio. Si xe bòn de brincarlo, el battitore xe còto ed è fuori dal giuoco e se no, il battitore batte di nuovo il pìndolo.

A me difettano tutte le capacità che deve avere un giocatore di pìndolo (abilità, velocità, òcio e coraggio) e allora faccio l’arbitro. Ma nessuno dà mai ascolto alle mie decisioni.

Carletto invece è campione indiscusso di pìndolo ma, soprattutto, è padrone del gioco. È lui che decide quando che se zòga. Perché lui, e solo lui, ha il pìndolo perfetto: un gioiellino di legno ben piallato con due punte, di pari lunghezza e dimensione, e una mazza solida, liscia, potente.

- “Per forsa, so pare gà un capanón de falegnameria e Carletto gà el meglio pìndolo delle Tre Venessie e, forse, ànca del mondo intero”, mi spiega Gigiluna.

Io invece rubo i manici delle scope di nonna Maria, e con nonno Giovanni - che sta su una sedia in mezzo all’orto con un cappellaccio, per ripararsi dal sole e dal vento - proviamo a costruire un pìndolo. Il nonno si impegna, ma ha le mani che tremano per via di una certa malattia che gli è venuta in fabbrica nei reparti punitivi, dove mettevano a lavorare i rossi.

Solitamente veniamo scoperti.

- “Scampa!”, sussurra allora il nonno e io scampègo inseguita da nonna Maria scarmigliata e vermiglia che agita il rastrello come una furia. Il nonno invece non si può alzare dalla sedia e mi guarda con i suoi occhi buoni e sorride.

Oggi Carletto ha deciso che si gioca. Guardo il pìndolo con cupidigia

- “Posso tocàrlo?”, chiedo gentilmente.

- “No el pìndolo xe mio e decido mi, chi lo tòca”.

E così mi rosego le unghie per il nervoso e l’amarezza.

Il primo a battere - more solito - è Carletto: il pìndolo s-ciòpa via come ‘na fusilà e nessuno s’azzarda a ciapàrlo. Al secondo colpo però Gigiluna riesce a intercettarlo nella parabola discendente prima che tocchi il suolo. Con un colpo di piede degno di Pelè, Gigiluna lo calcia alla Susi [cuatro òci, dò stanghete, magna rospi e cavaléte] che lo guànta al volo.

- “Ti xì còto!”, grido a Carletto nella mia qualità di arbitro.

 - “Non vale, di piede non vale!”

- “Vale tutto! Nel zògo del pìndolo vale tutto”, sentenzio e sfilo la mazza dalle mani di Carletto per farne solenne consegna alla Susi.

La Susi si dirige verso la base del battitore [un cerchio disegnato sulla strada con i gessetti rubati a scuola], poi ci pensa si toglie gli occhiali e me li porge:

- “Sono nuovi non vorrei romperli”, mi dice, “e ‘stà ‘tenta, ànca ti”.

Solo che la Susi senza occhiali entra in un mondo brumoso e privo di punti di orientamento.

- “Forza Susi!”, grida Gigiluna entusiasta e così innamorato da non accorgersi dello sgambetto che gli sta facendo Carletto.

La Susi batte, Gigiluna casca, il pìndolo vola sopra l’alta cancellata del giardino della Sbàiona e decapita i tulipani.

Si fa silenzio e guardiamo Carletto.

- “Dèsso ti te salti drènto”.

Sgomenti guardiamo il cancello della Sbajona con le punte acuminate come baionette degli Alpini.

La Susi si rimette gli occhiali, sospira languida e fa gli occhi dolci a Gigiluna, che ha capito l’antifona e già gli è passato l’innamoramento.

Tocca saltare e in prèssa prima che la Sbajona se ne accorga.

Mi avvicino al cancello, mi piego, la Susi mi ridà gli occhiali, mi salta in groppa e si arrampica in cima poi salta giù dall’altro lato, gli ripasso gli occhiali. Trovato il pìndolo tra i tulipani acciaccati, la Susi corre verso il cancello perché la Sbajona allarmata dall’insolito silenzio è alla finestra che sbaja rabiòsa:

- “Tóseta! Cossa xeto qua a fare? A robàrme i fiori?”

Poi avviene tutto in fretta.

La Susi cerca di liberarsi del pìndolo e lo lancia verso Carletto che prende la mira e con un colpo deciso della mazza lo fionda dritto verso la finestra della casa di nonna Maria. La finestra va in frantumi, la nonna lancia alti lai, alla Susi scivola un piede e una punta aguzza del cancello gli sbrèga un pezzo di carne all’altezza del ginocchio. La Susi precipita e perde gli occhiali, Gigiluna tenta di scansarsi ma scivola a sua volta, o forse è un altro sgambetto di Carletto, non lo so ho la vista annebbiata dal dolore perché nel tentativo di parare la caduta della Susi mi sono slogata il polso, poi sotto il suo peso e con tutto il mio peso, crollo proprio sopra i suoi occhiali.

A Gigiluna sanguina la fronte, alla Susi il ginocchio scarnificato, io tengo la mano cionca. Ed è pure la destra, io che sono mancina.

Che partita! Finiamo tutti al Pronto Soccorso. Eccetto Carletto, che va rifugiarsi nel capanòn, e gli occhiali in frantumi della Susi che restano dimenticati sull’asfalto.

- “E il pìndolo dove xéo?”, mi chiede Carletto minaccioso.

Il pìndolo è scomparso.

Interroghiamo nonna Maria, che ci manda tutti in mona e minaccia Carletto che spedirà al capanòn de so pare el conto de la finestra róta. Carletto alza le spalle e inizia a perlustrare palmo a palmo, il giardino e l’orto della nonna: il pìndolo non si trova. Per maggiore sicurezza, Carletto chiede anche a nonno Giovanni, sempre piazzato sulla sedia in mezzo all’orto, dove lo mette nonna alla mattina per ritirarlo alla sera. Ma lui non risponde, ha uno sguardo vacuo e un sorriso indefinibile.

- “Un pìndolo così non ci sarà mai più”, dice mesto e se ne va sconsolato.

Io resto accanto al nonno incerta se rubare un altro manico di scopa e chiedo:

- “Che dici nonno? Ci proviamo di nuovo?”.

Il nonno mi fa l’occhiolino e con la mano tremolante pesca dalla tasca della giacca il pìndolo scomparso.

-  “Presto, va nel garàs a prendere il pennello e la vernice rossa che al pìndolo facciamo le punte rosse. Rosse come il sol dell’avvenir”.

 

 

Massa e pìndolo

di Mario Caprioli 

Abilità, velocità,

colpo de òcio

e subito dopo, el s-cioco!

El pìndolo,

colpìo sul punto giusto,

pareva ‘na pàlotola traciante.

Le masse vibravan ne le man:

"Un cubo! Un cubo tolto in man!" 

Par mi màre, sensa mànego,

gera difîssile scovàr. 

https://www.youtube.com/watch?v=P3VS8qPdLkw

 

Per saperne di più sul gioco del pìndolo (detto anche della lippa, della cirimela, dello s-cianco, ô ligneddu, mazz'e pìzze etc).

https://www.conoscerevenezia.it/?p=92444

https://it.wikipedia.org/wiki/Lippa_(gioco)

Per saperne di più sui reparti punitivi delle fabbriche (su cui ancora si è scritto poco):

https://www.internazionale.it/reportage/maila-iacovelli/2014/10/27/reparti-confino-in-italia-9

https://www.pandorarivista.it/articoli/eternit-casale-monferrato/