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venerdì 21 dicembre 2018

Op, op, op







15.12.2018  12° meeting Snef di Sondrio – circuito SuperMaster: cronachetta (quasi vera)

Per le gare master di Sondrio (12° meeting Snef – circuito SuperMaster) tutta la squadra del Gonzaga Sport Club è stata convocata.
Non sono ammesse né assenze, né defezioni. Parola d’ordine del coach: prima vincere. Poi festeggiare. Con pizzoccheri.

Partenza ore 6.30 del mattino dalla piscina del Gonzaga. Il Mata, gestendo la chat di pazzi su WhatsApp con una pazienza certosina, è riuscito a organizzare un pullman che fa tanto gita scolastica.
Fatto l’appello, contati i nuotatori (assonnati e mugugnanti) si può partire.

Le prime gare della mattina sono i 400 stile libero. Quindi tocca subito a me. Che però vorrei essere altrove.
Di malavoglia ciabatto fino a bordo vasca dal coach, che è già pronto con cronometri, carta e penna per segnare tutti i passaggi, di tutte le singole gare, di tutta la squadra e chiedo:
- Coach quanto devo fare di riscaldamento?
- Tu nuota finché non ti tirano fuori, poi vai diretta a fare la gara.

La vasca è piena all'inverosimile: c’è chi si tuffa, chi prova le virate, chi fa degli sprint, chi spintona, chi tallona il malcapitato che gli sta davanti. In tre parole: una - terrificante - tonnara.

Inorridisco e torno da coach: - Coach, ehm, ho un problemino non mi ricordo più come si galleggia, ho come l’impressione di andare a fondo…
Coach, guardandomi stralunato, - Galleggi come sempre vai…
Non mi muovo cincischio: - Coach, ehm, ho un problemino, non mi ricordo come mi devo tuffare, sicuro che mi squalificano per falsa partenza.
Silenzio.
- Coach com’è che devo fare la virata?
 - Vaiiii.
 - Ok vado.

Op, op, op.
Sento il coach gridare, intanto io vado a fondo per davvero, sbaglio la virata bevo, annaspo, cerco l’aria, in qualche modo arrivo alla fine è penso: mai più! Tutto questo è troppo per me.

Il coach invece sembra contento.
Op, op, op.
- Coach come sono andata?
- Bene, brava, ora vai nell'altra vasca e, in attesa di fare i 100 sl, continua a nuotare.

Op, op, op riprende a incitare mentre, i compagni di squadra si susseguono ininterrottamente nelle gare: 200 misti, 200 rana, 50 dorso, 50 rana, 50 delfino, 50 stile libero.

In attesa della seconda gara, considerata la densità dei nuotatori presenti in vasca, opto per un diversivo: leggo.
Leggo Kafka. Dopo Kafka sulla spiaggia ...Kafka a bordo vasca.
Gente che va e viene, passa un tizio dà un’occhiata al libro, mi stringe la mano:
- Complimenti! Kafka a bordo vasca! Ci vuole coraggio.

Nel mentre...op, op, op continua imperterrito il coach mentre cronometra, segna tempi, calcola punti, controlla, ascolta, incoraggia, motiva, rimbrotta. E non gli sfugge niente e nessuno.

È di nuovo il mio turno: 100 stile libero.
- Coach per quel problemino di galleggiamento di cui ti accennavo...
Op, op, op, non si volta neppure, scuote la testa e segna i tempi.
Vado via mesta.

Pronti, partenza via: ri-sbaglio la virata, ri-bevo, ri-ciabatto fino al coach.

- Coach come sono andata?
Op, op op, cronometra, controlla,
- Bene, brava...vai nell'altra vasca a defatigare per qualche chilometrino.
- Ancora?!?

Op, op, op è l’ora delle staffette 50x4 miste.
Il coach ha messo in campo ben nove staffette: 6 maschili e 3 femminili.
Le staffette femminili del Gonzaga fendono l’acqua come una cavalcata delle Valchirie.
Fortunatamente sono stata scartata a tutte le staffette e posso riprendere la lettura di Kafka a bordo vasca. Ripassa il tizio di prima che, entusiasta, controlla a che pagina sono arrivata.

Op, op, op, le medaglie fioccano e persino io scippo un oro e un legno (rispettivamente nei 400sl e nei 100sl di categoria …ehm, meglio sottacere quale categoria e con quali tempi).
Alla fine, i giudici di gara tirano le somme dei punti totalizzati da ciascuna squadra e the winner is ….





Op, op, op.
Il coach alza la coppa, la squadra esulta, si è fatta sera, fuori c’è il pullman che ci attende. Mi metto in coda per salire e intanto appassionatamente litigo al telefono con la prole.
Metto giù e chiama il coach: - Dove sei, Sabri?
Troppi op, op, penso: - Coach, come dove sono? Sto salendo sul pullman.
- Brava, il nostro però è già partito.

Azz… sono sul pullman della squadra avversaria.
Batto la ritirata, cercando di non darlo troppo a vedere, mi intercetta solo il tizio di Kafka che mi saluta e mi fa l’occhiolino.

Nel frattempo, il pullman del Gonzaga ha fatto dietro front ed è venuto a recuperarmi.

Op, op, op è ora di brindare: mettiamo già la coppa e alziamo i (lieti) calici.











venerdì 14 dicembre 2018

Fuori linea #2 - Sarina




Fuori Linea #2 - Sarina





L’avevano battezzata Sarina, per rispetto a suo nonno Saro Spina, che però detestava lei è tutta quella malarazza di nipoti nati dalla fuitina della figlia con quello scioperato di Mariano Previtera.
Lui che con la guerra, ancora una volta, aveva perso tutto. Lui – vedovo e con le altre figlie emigrate in America, Australia, Canada - costretto campare a casa di quel miscredente comunista e, per superchiu, povero del genero.

- Mariano m’arrubbò a figghia chiù bedda e tangelosa. E le sue figlie (Rosa, Venera, Sarina, Maria e Giovannina) non sono così belle come la madre. Sarina, poi, così magra, magra e giallinusa è brutta assai. E poi firria sempre pedi pedi e quando non firria, legge e legge e chiui legge più diventa una capa matta e disubbidienti. E più è disubbidienti e chiui su frati Turi principia a fanfariari sulle porte dell’inferno che si aprono, giusto, giusto pi idda, che è così ria.

Così, schigghiava Saru Spina mentre puliziava la tomba della moglie.

Sarina rideva, sapeva che infernu e dijavuluni non esistevano, perché neppure Dio esisteva come già gli aveva spiegato suo padre Mariano: “non è dio che crea l’uomo, ma l’uomo che crea l’idea dell’esistenza di dio”. Sull’inesistenza di Dio, peraltro, Mariano era possessore di prove certe e inconfutabili da quando aveva visto morire il padre suo con l'osso del collo rotto mentre, infervorato dall’Io credo che andava recitando, non s'addunò di un ramo spezzato cadendo miseramente dall'albero. Per grazia ricevuta. E miseria assicurata. Amen.

Povero Mariano Previtera, lui così mangiapreti non si capacitava di come l’unico figlio maschio gli fosse sortito così chiesastro e straviato dalla linea del comitato centrale. 
Ma Turi - grazie ai liberators ai quali si era unito, con l’entusiasmo dei suoi vent’anni, per sminare la spiaggia di Qurtil Masqalah - aveva trovato la fede e, soprattutto, una missione: fondare la prima chiesa cristiana evangelica della Sicilia jonico orientale e da lì convertire tutti gli infedeli.

- Misdea, misdea, ‘na famigghia di pazzi - santiava Saro Spina, mentre il nipote, Bibbia, alla mano ammoniva “Tutti pellegrini di passaggio semu, apri il tuo cuore alla parola du Signuruzzu, prega cu mia”.

-   Misdea, misdea, ‘na famigghia di pazzi - santiava Saro Spina, mentre la nipote la testa dentro
un libro, non taliava, non ascoltava, leggeva e leggeva.




domenica 9 dicembre 2018

Fuori linea # 1 - Spina




Fuori Linea #1


«Sai cos`è la nostra vita? La tua e la mia?
Un sogno fatto in Sicilia.
Forse stiamo ancora lì e stiamo sognando»
(L. Sciascia - Candido)


Spina



Santina era bella. La più bella tra le sorelle Spina: Sarina, Santina, Giovannina e Ciccina, che non era ancora nata ma aveva già capelli rossi e faccia lentigginusa.

Santina testa alta, occhi fieri, capelli corrotulati sopra la nuca e fermati da minuscole forcine, attravirsava svelta la strada. Mariano la taliava passare e sospirava per quella carusitta tosta e avrebbe voluto togliere quelle forcine a una a una e poi sciogliere la matassa di quei ricci neri come la pece, per perderci dentro quelle mani da zappaterra che aveva.

Mariano era un senza Dio, comunista, povero (peccato massimo), disertore della Grande Guerra e neppure la febbre spagnola l’aveva voluto, tanto era malarazza. Così sibilava invelenito Saru Spina alle sue figlie, taliando Santina.
-          Sta pure a capo della lega degli agrumai della Sicilia jonico-orientale.

Ma Santina non rispondeva, non parlava, taliava. Taliava la furia gloriosa del suo garofano rosso, la mattina che Mariano, in un vidiri e svidiri, fischiò l’inizio di una sassaiola, balzò sul palco del comiziante fascista, gli sonò un carricu di lignate, l’appellò gran curnutu e si diede alla fuga.

La sortita anarcoide venne premiata con una robusta cura ricostituente di olio di ricino e nelle patrie galere le legnate furono generosamente restituite in manganellate a lui e, per superchiu, ai suoi fratelli: Nicoló scampò, Rosario il più piccolo ne morì, aveva 15 anni.

Tirarlo fuori di galera fu còmpito, come sempre, dell’avvocato Giuseppe Sapienza, detto Peppino: l’avvocato dei poveri, socialista e libertario, che - anni dopo - sarebbe stato tra gli organizzatori della rocambolesca fuga da Regina Coeli di due futuri Presidenti della Repubblica, in attesa di fucilazione.

Mariano, uscì spiritato, ma non arreso. Ma più spiritata di lui era Santina che gli ficcava gli occhi addosso e smaniava per un garofano, un garofano rosso.

Così andò la storia. Sarina, la primogenita delle sorelle Spina, d’ammucciuni, preparò la scala sotto la finestra della camera. Santina la discese. Mariano l’attendeva. Fuggirono nottetempo: lui aveva 26 anni, lei 10 di meno.
Allo scandalo della fuitina una sola riparazione era possibile: il matrimonio.
Saru Spina, giarno di raggia, dovette piegarsi alla forza dei fatti. Lui che non si era mai piegato, neppure ai rovesci delle onde, quando aveva fatto naufragio con tutto il suo carico e a forza di braccia dai marosi aveva portato in salvo solo la sua pellaccia e aveva principiato tutto d’accapo.