The
Swimlosophy (The Swimmers Philosophers)
Dormiva...?
Poi si tolse e
si stirò.
Guardò con
occhi lenti l'acqua. Un guizzo
il suo corpo.
Così lasciò la
terra.
(S. Penna, Il
nuotatore)
«L'uomo è un essere terrestre, un essere che calca. Egli sta, cammina e si
muove sulla solida terra»[1]. Purtroppo.
Il “purtroppo” sta per il rammarico e l’amarezza che ogni nuotatore
prova per la sua - prima o poi ineluttabile - collocazione sulla solida terra. Sta per il riconoscimento
della sua finitudine, quale essere terrestre[2] contrapposto all'ápeiron che ritrova nell’acqua,
inteso come principio che annulla ogni ordine terrestre[3].
Il “purtroppo” sta anche per il rimpianto che il
nuotatore patisce non appena esce dall’acqua. Perché il nuotatore non sta nell’acqua, egli sente
l’acqua e la sente come il suo elemento primario[4].
Ma non lo è, anche se ciò viene ammesso dal nuotatore con
qualche riserva (ed con un fondo di incredulità): «ho sempre creduto alla
teoria dell'evoluzione acquatica dell'uomo», scrive Deakin nel suo Diario d’acqua[5].
Il nuotatore, dunque, sa che «l'esistenza umana e l'essere umano sono,
nella loro essenza, puramente terrestri, e hanno solo la terra come
riferimento»[6], ma ciononostante egli si ritiene un’eccezione[7].
Per lui, l’archè, il principio, è
l’acqua. L’acqua così determina il suo punto di vista, le sue impressioni[8] ed il suo modo di collocarsi nel mondo, inteso non come
globo terreste ma come globo terracqueo[9]. Ogni nuotatore vive così nella condizione di Melusine:
sente bisogno di nuotare per riattingere periodicamente le energie necessarie
alla sua esistenza terrena[10] («perché l’acqua è la mia preghiera che mi libera da
ogni male»[11]).
E se come riteneva Talete l’acqua, è l’elemento atto a tenere connesse
tutte le cose[12], per il nuotatore ciò ancora più vero, dato che per egli
l’acqua è l’elemento che lo tiene connesso al mondo ed alle fatiche della vita
quotidiana. Con l’acqua (elemento primario della vita), dunque, il nuotatore
sente una particolare affinità fino a condividerne in qualche misura il mistero[13]: «l’acqua è H2O, due parti di idrogeno, una
di ossigeno, ma c’è anche un terzo elemento che la rende acqua e nessuno sa
cosa sia»[14].
La domanda se sia possibile un'esistenza umana diversa, non determinata in
modo puramente terrestre, nel nuotatore trova una (scontata) risposta
affermativa e se nelle «reminiscenze remote, spesso inconsce degli uomini,
l'acqua ed il mare rappresentano il misterioso fondamento originario di ogni
vita»[15], nel nuotatore esse rappresentano non solo il fondamento
originario, ma anche l’essenza quotidiana della sua esistenza. Perché ad egli
gli si aperto dinanzi un mondo diverso da quello della terraferma. Alla domanda
cruciale qual è “dunque il nostro elemento?”, il nuotatore risponde,
senza esitazione: l’acqua (perché in cuor suo considera la terra come un mero
luogo d’esilio). E come per Talete, l’acqua gli si «presenta come una metafora
che non riesce a sopportare il peso di ciò che con essa intende esprimere»[16].
Per i nuotatori di acque libere[17] (o marathon swimmers[18]), poi, la prospettiva si amplia ulteriormente. Lo spazio sempre sfuggente del mare, per essi si apre verso un altrove che lusinga con promesse di rigenerazione[19] e di vita nova.
Per i nuotatori di acque libere[17] (o marathon swimmers[18]), poi, la prospettiva si amplia ulteriormente. Lo spazio sempre sfuggente del mare, per essi si apre verso un altrove che lusinga con promesse di rigenerazione[19] e di vita nova.
Una continua affermazione di volontà che sceglie il mare come oggetto di
sfida che riempie la vita[20]. Per loro il corpo, chiamato direttamente a sfidare il
mare senza intermediazioni date da altri mezzi che non siano la forza delle
braccia e la spinta delle gambe, diventa l’oggettivazione della loro volontà,
la volontà dunque «come parafrasi del corpo, che ne spiega il senso
dell'insieme e delle sue parti»[21].
Del resto, se la prima e più semplice affermazione della volontà, è
«l'affermazione del proprio corpo», e se questo «con la sua forma e con la sua
organizzazione teleologica, rappresenta lo spazio della volontà»[22], per il nuotatore lo spazio in cui questa volontà si
esprime alla massima potenza è l'acqua. Nel gurgite vasto[23], il nuotatore sa che la sola cosa che dipende da lui è
unicamente la sua volontà[24], mentre, per tutto il resto, egli è in balia delle onde,
delle correnti, dei venti e, last but not least, della vita marina che
lo popola. Alla volontà si affianca poi la (forte) motivazione, intesa come
legame che connette tra loro i molteplici atti di cui è composta la traversata
in acque libere. Non si tratta difatti della semplice unione di movimenti
nell'acqua (presa, trazione, bracciata, respirazione, gambata, presa, trazione,
bracciata, lungo più lungo), trattandosi piuttosto di un ampio campo di vissuti
che si susseguono, che provengono l'uno dall'altro, che si compiono sulla base
e per il volere dell'altro che li ha preceduti e che tendono tutti verso
qualcosa di oggettivo[25]: la meta d'arrivo, ma anche la sfida disputata tra una
geografia della mente ed una geografia una reale[26] e che quando viene raggiunta, compie una metamorfosi che
trasforma il nuotatore in una persona diversa da quella che é entrata in acqua [27].
Nel mare - regione ingovernabile e dominio dell’insocievole[28] - il nuotatore vive nel pozzo dell’eternità, in una sorta di sospensione dalla vita. Ma dalle sue profondità affiorano, cariche di energia che riempiono (illusoriamente) il vuoto che il nuotatore si è lasciato intorno e proprio allora, isolamento e vuoto si dilatano e l’inghiottono: non c’è più passato, non c’è futuro ed il presente è tutto in aspettative di approdi (quasi) impossibili[29]. Del resto il mare non è mai stato amico dell’uomo, ma, semmai, complice della sua irrequietezza, un pericoloso fiancheggiatore delle sue ambizioni: ma tutti i sogni di gloria, di dominio e di avventure, e lo sprezzo per il pericolo, sono svaniti come immagini riflesse nello specchio, senza lasciare alcuna traccia sul volto misterioso del mare[30] (come scrive Rimbaud, l'eternità, con tutti gli umani sogni di gloria, é andata insieme al mare[31]).
Nel mare - regione ingovernabile e dominio dell’insocievole[28] - il nuotatore vive nel pozzo dell’eternità, in una sorta di sospensione dalla vita. Ma dalle sue profondità affiorano, cariche di energia che riempiono (illusoriamente) il vuoto che il nuotatore si è lasciato intorno e proprio allora, isolamento e vuoto si dilatano e l’inghiottono: non c’è più passato, non c’è futuro ed il presente è tutto in aspettative di approdi (quasi) impossibili[29]. Del resto il mare non è mai stato amico dell’uomo, ma, semmai, complice della sua irrequietezza, un pericoloso fiancheggiatore delle sue ambizioni: ma tutti i sogni di gloria, di dominio e di avventure, e lo sprezzo per il pericolo, sono svaniti come immagini riflesse nello specchio, senza lasciare alcuna traccia sul volto misterioso del mare[30] (come scrive Rimbaud, l'eternità, con tutti gli umani sogni di gloria, é andata insieme al mare[31]).
Questo un nuotatore di acque libere
lo sa, ma sa anche che «il bello del nuoto, in
sé e per sé, è che tutto si concentra nel “qui e ora”: non una
briciola della sua intensità ed essenza può fuggire nel passato o nel futuro»[32].
Il comune sentire sul nuoto di lunghe distanze, ritiene che «ore e ore di monotoni e ripetitivi movimenti, senza
alcuna relazione visiva o tattile con ciò che accade all'esterno, sia un
esercizio infinitamente noioso»»[33]. Ma, chi l’ha provato sa che «coprire una distanza a nuoto è come scalare una montagna.
Guardi verso l'altra riva e ti senti perso. La meta appare minuscola in
lontananza»[34]. Eppure si addentra, dentro più dentro, là dove il mare
è mare[35]: e una volta in mare, il nuotatore comincia a rilassarsi
e a perdersi nel ritmo, si lascia permeare dalla fluidità dell'acqua, apre i
polmoni e respira più profondamente, diventa acquatico[36]. Perché l'acqua «avvolge
il nuotatore lo sorregge e, allo stesso tempo (...) allontana il resto del
mondo e ne occupa il posto. Il nuotatore di lunghe distanze non comunica con
null'altro se non con l'acqua e con il proprio corpo»[37]. E così accade che «nulla
come nuotare sino al limite dello sfinimento dà il senso di essere vivi senza
essere tenuti agli adempimenti della vita. Nulla come l'assoluta disciplina si
avvicina all'assoluta libertà»[38]. Il nuoto, quindi, come costante - ed
anche sofferto - esercizio di libertà che si concretizza nella costituzione di
sé in quanto soggetto padrone di se stesso[39]. Ma anche come atto incondizionato di
autoaffermazione – attraverso un’assoluta disciplina - della propria libertà.
Il nuotatore di lunghe distanze, non si limita dunque a fare del nuoto tout
court, perché il suo è un nuoto di assoluto, in cui vive l’istante qui e
ora ed al termine del quale esce con un’idea migliore della vita e di sé
stesso, «come se il mare, prodigo di cure, gli avesse dato l’assoluzione»[40].
Una volta toccata l'acqua il nuotatore rimane solo con se stesso immune
dall'influenza esterna: é la solitudine
del nuotatore, per parafrasare Sillitoe[41] ed il nuoto, «come l'oppio, può causare un senso di
distacco dalla vita quotidiana[42];
i ricordi, in particolar modo quelli dell'infanzia, riemergono con sorprendente
vigore, ricchi di particolari vividi e precisi»[43]. Difatti, per il nuotatore, l'acqua, esfoliante del
corpo, non cura solo le arterie e la pressione, ma ha un potere purificatore
che agisce sul pensiero, disintegra la storia, condona le nostre frontiere
mentali, arpiona le angosce, dissolve le paure, polverizza i pregiudizi e,
soprattutto, libera l’immaginazione: «dopo aver sciolto il corpo, sbrogliato lo
spirito eliminato l’Io, la vita del nuotatore è scorrevole, frizzante. Come
champagne ghiacciato»[44]. Il nuotare diventa così una «tecnica di comprensione di
meccanismi che fuori dall'acqua, quando si dispiegano su una superficie solida,
risultano incomprensibili»[45]. Del resto, «più intenso è il vivere, più chiara ed
intensa è la coscienza di esso»[46], coscienza che nell'acqua si dispiega in un continuum
particolare di mente, corpo, ambiente. E come già sapevano i Romani, ed anche
gli Umanisti, chi non sa nuotare è un ignorante completo: nec litterars
didicit nec natare[47] o in altre versioni, neque natare neuqe literas[48]. Anche se, forse, qualche controindicazione questa
disciplina c'è l'ha: «non
puoi resisterci se non riesci a convivere con te stesso», e poi (ma questo un nuotatore difficilmente l'ammetterà), c'è
il rischio di «un’ipersollecitazione
dell’ego», per il «resto, invece, non ci sono limiti d’età o condizione fisica»[49].
Ma nuotare non è così semplice, richiede un controllo razionale dello
spazio in cui si trova immerso e del corpo, chiamato a fronteggiare, in un
elemento che non é il suo elemento naturale (con buona pace dei desideri più
profondi del nuotatore), uno sforzo particolarmente intenso, continuo e
prolungato. Stomaco, petto, parte superiore e inferiore della schiena, spalle,
bicipiti e tricipiti, le gambe, i piedi: tutti insieme lavorano in maniera
ininterrotta, coordinata e continuativa per mantenere il nuotatore a galla, non
farlo affogare e, last but not least, fargli raggiungere la sua meta[50]. Richiede altresì la costruzione di un muro
mentale, che impedisce alla stanchezza, al freddo[51], alla fatica di entrare e dilagare in tutto il corpo.
Perché la mente, se seriamente motivata, è uno strumento potente e difficile da
sconfiggere, anche in condizioni avverse[52]. Se la “testa” – invece che fare da traino - non va più
al passo delle gambe e delle braccia, è il segnale che la passione è scemata e
la volontà è venuta meno[53]: come Odisseo il nuotatore deve evitare di cadere preda
delle «pericolose lusinghe che tendono a sviare il Sé dall'orbita della sua
logica»[54], logica, questa volta, puramente acquatica.
In conclusione, il nuotare - soprattutto in acque libere
- evoca il sublime, dimostrandoci, ancora una volta, tutta la nostra
vulnerabilità e finitudine[55]. É un sublime che, prende al laccio come
un’ingannevole canto di Sirena e diventa un pensiero al di là del razionale,
una sfida, una competizione con se stessi e con la natura. Per il nuotatore in
mare é un «prendere le misure al mare, capire fin dove si può
arrivare ad armi pari, diciamo così. E se proprio non é un'ossessione, certo é
un pensiero totalizzante»[56].
«La mia
scoperta sul nuoto (…) non è già uno studioso risultato d’idee architettate
nella tranquillità pacifica del tavolino[57]; ma una voce
della Natura, che io distintamente sentii standomi immerso nelle acque marine.
Essa ebbe nel mare il suo natale»,
(L’uomo galleggiante, ossia l’arte ragionata del nuoto,
di Oronzio De Bernardi,
Avvocato, Esaminator Sinodale e
Canonico della
Cattedrale Chiesa della Regia Città di
Terlizzi,
Stamperia Reale di Napoli, 1794).
[1] C. Schmitt, Terra e Mare (traduzione di G. Gurisatti), Adelphi, 2002, p. 11.
[2] Cfr. D. Young, Why swimming is sublime,
in http://www.theguardian.com/lifeandstyle/australia-culture-blog/2014/feb/07/why-swimming-is-sublime:
«This is a recognition of what philosophers call "finitude": the basic fact of limitation. To exist at all is to be a definite this,
and not something else. However free we are, we cannot escape basic biology – these limbs, lungs and
blood, this universe of force and gravity» [Si tratta del riconoscimento di ciò che i filosofi chiamano
“finitudine”: il fatto basico della limitazione.Esistere significa essere definiti in un certo modo
e non in un altro. Per quanto siamo liberi non possiamo sfuggire alla nostra biologia di
base - queste membra, polmoni e sangue, questo universo di forza e gravità].
[3] G. Colli, I filosofi sovraumani,
Adelphi, 2009, p. 34: «l’apeiron è in sé un principio che annulla ogni
ordine, ogni individuo è l’infinito indeterminato …ogni atto dell’uomo non deve
compiersi rispetto alla sua sfera limitata e individuale, ma con la coscienza
ed il sentimenti di dover agire seguendo una realtà superiore e infinita».
[4] C. Sprawson, L’ombra del massaggiatore nero (traduzione di
E. Muratori), Adelphi, 2000, p. 24: «la
qualità principale necessaria ai nuotatori è quella di ‘sentire l’acqua’. Essi
dovrebbero usare braccia e gambe come i pesci le pinne, e saper avvertire la
pressione dell’acqua sulle mani per mantenerla nel palmo durante la bracciata».
Nell’acqua il «nuotatore si sente in contatto con la realtà sottostante».
[5] Cfr. R. Deakin, Diario d'acqua
(traduzione di E. Comito) Edt, 2011, p. 168: «ho sempre creduto alla teoria
dell'evoluzione acquatica dell'uomo sostenuta dal biologo marino Sir Alistar
Hardy, che l'avanzò per la prima volta in un articolo sul "New
Scientist" nel 1960. Le sue idee sono state poi sviluppate da Elaine
Morgan nel libro L'origine della donna (...). Hardy e Morgan erano convinti che
nel periodo del Pleistocene in cui la terra era sommersa dalle acque, per dieci
milioni di anni l'uomo, nuotando e guadando nelle secche da mammifero
semiacquatico, fosse approdato sulle spiagge africane e avesse gradualmente conquistato
la posizione eretta».
[6] C. Schmitt, Terra e Mare, cit., p. 12. Si veda anche: D. Young, Why swimming is sublime, cit.: «Taken off the land and
dumped into a few feet of water, Homo sapiens is a clumsy species» [Tolto dalla terra e scaricato in pochi metri d'acqua,
l’homo sapiens si trasforma in una specie goffa].
[7]Scrive Deakin, «a parte la scimmia proboscidata del Borneo, l'uomo è l'unico primate che fa il bagno per divertimento.
Siamo anche gli unici mammiferi glabri come i delfini e, soli tra i primati, abbiamo uno strato sottocutaneo analogo a quello
della balena, ideale per mantenere il calore nell'acqua» (R. Deakin, Diario d'acqua, cit., p. 168).
[8] «Nuotando senti il corpo per quel che è,
soprattutto acqua, e prendi a muoverti con essa» (R. Deakin, Diario
d'acqua, cit., p. 3).
[9] Osserva C. Schmitt, Terra e Mare, cit. p. 11: l’uomo
«chiama “terra” l'astro su cui vive, sebbene com'é noto, la sua
superficie si componga per quasi tre quarti di acqua (...). Da quando
sappiamo che la nostra terra ha la forma di una sfera, parliamo con la massima
naturalezza di “globo terrestre” e di “sfera terrestre”, e
troveresti strano doverti, figurare un “globo marino” o una “sfera
marina”».
[10] B. Reale, Sirene Siciliane, Moretti
& Vitali Editore, 2011, p. 46.
[11] F. Cavalli, Sughero, Corebook, p.
19.
[12] Simplicio, Commento alla fisica di
Aristotele, 23, 21 in G. Colli, Sapienza greca, vol. 2,
Adelphi 1994, p. 135. Osserva, C. Schmitt, Terra e Mare, cit.,
p. 13, «generalmente, la paternità della dottrina che vede nell'acqua
l'origine di tutto l'essere è attribuita al filosofo della natura greca Talete
di Mileto (vissuto intorno al 500 a.C.). Ma tale concezione è più antica e al
tempo stesso più recente di Talete. É eterna».
[13] B. Reale, Sirene Siciliane, cit., p. 56.
[14] D.H. Lawrence nella citazione di Deakin in Diario d’acqua,
di seguito la poesia in lingua originale:
«Water is H2O, hydrogen two parts, oxygen one, but there
is also a third thing, that makes it water and nobody knows what it is. The
atom locks up two energies but it is a third thing present which makes it an
atom» (D.H. Lawrence, The Third Thing, in The Works of
D.H. Lawrence, 1994, 428).
[15] C. Schmitt, Terra e Mare, cit.,
pp. 12-13.
[16] E. Severino, La filosofia antica,
BUR, 2002, p. 16.
[17] P. Munatones, Open Water Swimming,
Human Kinetics, 2011, p. 103: «Open water swimming can be in saltwater or
freshwater, calm or rough conditions, warm or cold temperature, and still or
with currents, depending on the time of day, the season, and the location»
[Il nuoto di fondo può essere in acqua salata o in
acqua dolce, in condizioni di mare calmo o mosso, con temperatura calda o
fredda, ed ancora con correnti che variano, a seconda dell'ora del giorno,
della stagione, e della posizione].
[18] Scrive C. Sprawson, Swimming with sharks, New Yorker, 23.08.1999: «Marathon
swimmers are different breed from short distance swimmers. Compared with
long, lithe and adolescent figures you see in Olympics, marathon swimmers
appear to be built like bisons rather then like cheetahs (...). These swimmers
need tenacity and a stocky built to withstand the impact of waves and tides,
the sudden nausea inflicted by oil slicks and bilge, the prolonged effects of
salts waters, which causes the lips and tongue to swell (…). So intense and
concentrate are conditions, that marathon swimmers became a prey to delusion
and neuroses that are often beyond the experience of other athletes». [I marathon swimmers sono una
razza diversa dai nuotatori di breve distanza. Rispetto alle figure, lunghe,
agili ed adolescenti che si vedono nelle Olimpiadi, i marathon swimmers
sembrano essere costruiti come i bisonti piuttosto che come i ghepardi (...)
Questi nuotatori hanno bisogno di tenacia e di una struttura tarchiata,
costruita per reggere l'impatto delle onde e delle maree, la nausea improvvisa
inflitta dalle chiazze di petrolio e di sentina, dagli effetti prolungati
dell’acqua salata che fa gonfiare le labbra e la lingua (...). Così intense e
concentrate sono condizioni che devono affrontare che i marathon swimmers,
possono facilmente è diventato una preda di delusioni e nevrosi che sono spesso
al di là dell'esperienza di altri atleti].
[19] B. Reale, Sirene Siciliane, cit., p. 45.
[20] Ad
esempio la «piscina: non appena la scorgiamo», con il suo «azzurro immutabile come la
legge ci elettrizza. Il suo colore suscita desiderio di andarsi a gettare a
capofitto». Tuttavia, la
«piscina declina una seduzione, ma senza fascino» (C.
Guerard, Piccola filosofia del mare (traduzione di L. Brioschi),
Guanda, 2006, p. 42 e p. 56).
[21] A. Schopenhauer, Il mondo come volontà
e rappresentazione (traduzione di N. Palanca) Mursia, 1996, p. 369.
[22] A. Schopenhauer, Il mondo come volontà
e rappresentazione, cit. p. 374.
[23] Publio Virgilio Marone, Eneide, I,
118: «Rari nantes in gurgite vasto». Dal vocabolario Treccani on-line in
http://www.treccani.it/vocabolario/rari-nantes-in-gurgite-vasto/: «rari nantes in gurgite vasto ‹... ġùrǧite
...› (lat. «rari nuotatori nel vasto gorgo»). – Emistichio dell’Eneide (I,
118), riferito ai naufraghi di una delle navi di Enea distrutte dalla tempesta
scatenata da Giunone, usato talvolta, in senso fig. e scherz., per indicare
poche cose o persone disperse in ambiente vastissimo o tra moltissime altre.
Con alterazione del sign. originario (rari interpretato come «scelti»), la
prima parte della locuz. è stata adottata come nome di società di nuoto (Rari
Nantes Florentia, ecc.)».
[24] P. Munatones, Open Water Swimming, cit.,
p. 290: «Open water swimmers’ athletic background are not as important as
theirs willingness to swim, without lanes, lines, and walls in a dynamic
environment» [per i nuotatori di acque libere, le loro capacità atletiche
non valgono quanto la loro volontà di nuotare senza corsie, linee e pareti in
un ambiente dinamico].
[25] E. Stein, Psicologia e scienze dello
spirito (traduzione di A.M. Pezzella), Cittá Nuova Editrice, 1996, p. 51;
inoltre a p. 77: «grazie alla motivazione che permette il passaggio di un
atto all'altro atto, crescono nel flusso del vissuto le strutture dell'atto e
quindi della motivazione».
[26] Cfr. R. Deakin, Diario d'acqua, cit.,
p. 56.
[27] Cfr. J. C. Oates, Occhi di tempesta (traduzione
di A. Ragusa), Mondadori, 2005, p. 5: «come quando attraversi a nuoto un
fiume reale, imprevedibile e infido, e se riesci a raggiungere l'altra sponda
sei una persona diversa rispetto a quella che è entrata».
[28] C. Guerard, Piccola filosofia del mare,
cit., p. 24. Come scrive Joseph
Conrad, il mare non ha compassione, non ha fede, non ha legge, né memoria. La
promessa che offre perpetuamente é grandissima; ma l'unico segreto per averne
il possesso si chiama forza, forza - la forza insonne e gelosa dell'uomo che
entro le proprie porte sta a guardia di un agognato tesoro (cfr. J. Conrad,
Lo specchio le mare (traduzione di R. Prinzhofer e U. Mursia) Mursia,
2006, p. 224).
[29] B. Reale, Sirene Siciliane, cit.,
p. 54.
[30] J. Conrad, Lo specchio del mare, cit.,
pp. 205 - 206. Si vedano anche i versi di Italo Testa: «A chi
appartiene l’acqua che il nuotatore / misura, in lente bracciate solcando / lo
specchio informe di un cielo vuoto? /A chi appartiene, se nel flutto affonda/
la silhouette dorata nella luce?» (I. Testa, Gli aspri inganni,
Edizioni Lieto Colle, 2004)
[31] A. Rimbaud, L'eternité: «Elle
est retrouvée. / Quoi ? - L'Eternité. / C'est la mer allée / Avec le soleil».
[32] R. Deakin, Diario d'acqua, cit., p. 97. In proposito
come non pensare all'epilogo di disincanto ed illusione del Nuotatore di John
Cheevers: «aveva fatto quello che si era proposto, aveva attraversato a
nuoto la contea, ma ora era così inebetito dallo sforzo che il suo trionfo gli
appariva senza senso» (J. Cheevers, Il nuotatore, traduzione
di M. Papi, Fandango Libri, 2000, p. 54).
[33] B. Biancheri, La traversata, Adelphi, 2012, pp. 71-72. Scrive
Gianni Mura: «Il nuoto è noioso, ripetitivo e dà sempre l'idea di essere
quello che è: uno sport. A calcio, a tennis, a basket, anche a pallanuoto si
gioca. Il nuoto, si fa. Assente il gioco, assente la fantasia, resta il dubbio
fascino del lavoro paziente, di settimane e mesi per abbassare il proprio
limite» (G. Mura, Ma il nuoto non fa divertire, in La Repubblica,
19.09.2000).
[34] R. Deakin, Diario d'acqua, cit., p. 177.
[35] R. Deakin, Diario d'acqua, cit., p. 177.
[36] Sono le parole finali del capolavoro di Stefano
D'Arrigo: «un mare di lagrime fatto e
disfatto a ogni colpo di remo, dentro,
più dentro dove il mare è mare»
(S. D'Arrigo, Horcynus Orca, Rizzoli, 2003, p. 1094). D'Arrigo, a
sua volta, pare abbia ripreso i versi di Alfonso Gatto: «Come la donna
affonda e dice vieni / dentro più dentro dov'è largo il mare» (A. Gatto,
All'alba ), si veda in proposito AA.VV., Il mare di sangue
pestato (a cura di F. Gatta), Rubettino, 2002, p. 17.
[37] B. Biancheri, La traversata, Adelphi, 2012, p. 72.
[38] B. Biancheri, La traversata,
Adelphi, 2012, p. 72.
[39] Cfr. G. Campesi, Soggetto, disciplina,
governo. Michel Foucault e le tecnologie politiche moderne, Mimesis
Edizioni, 2011, p. 209. In proposito si veda anche A. Petagine, Profili
dell’umano. Lineamenti di antropologia filosofica, Franco Angeli, 2012, p. 86:
«L’esercizio di libertà consiste nel quotidiano, costante sofferto a volte,
orientamento e riorientamento della nostra azione al fine (…). Il legame
tra libertà e felicità è ciò che permette di individuare il senso e la
direzione verso cui l’esercizio della libertà diventa efficace, divenendo così
anche potere di liberazione».
[40] C. Guerard, Piccola filosofia del mare, cit., p. 56 e p. 74: «nuovo, senza memoria, senza promesse…il
mare dispensa saggezza non agisce su ciò che dipende da noi né su ciò che non
esiste più…viviamo l’istante qui e ora».
[42] Cfr. R. Deakin, Diario d'acqua, cit.,
p. 97: «il mio unico scopo era perdermi completamente (...) smarrire la
strada di casa il più a lungo possibile (...) trovare una scia di nuotate e
immersioni in cui dissolvere progressivamente qualsiasi obiettivo». F.
Cavalli, Sughero, cit.: «Così mi butto in acqua per scomparire. E nuoto lungo più lungo».
[43] C. Sprawson, L’ombra del massaggiatore
nero, Adelphi, 2000, p. 22 e p. 143.
[44] C. Guerard, Piccola filosofia del mare,
cit., p. 15. F. Cavalli, Sughero, cit.: «Penso e muoio
dentro. Così mi butto in acqua per scomparire. E nuoto lungo più lungo».
[45] G. Vasta, Quando il tuffo in piscina è
un capolavoro, La Repubblica 09.07.2014: «Percorrendo avanti e indietro
la sua corsia, ricomponendo i pezzi di una storia personale sempre più incerta,
Jonás scopre che nuotare è una tecnica di comprensione di meccanismi che fuori
dall'acqua, quando si dispiegano su una superficie solida, risultano incomprensibili.
Soprattutto, la piscina è lo spazio attraverso cui non solo si misura il tempo
ma se ne ripristina il funzionamento, un orologio sui generis che al posto
delle lancette prevede il moto uniforme di un corpo orizzontale che solca il
liquido, una costante laddove tutto si disgrega». Si legga anche: M. Pomar, La memoteca, Gruppo Editoriale NovantaCento, 2012, p. 71: «Uno
due tre, respiro. Uno due tre respiro. Uno due tre, respiro. Uno due tre
quattro, respiro. Deve prendere bene il tempo, Michele. Non ha mai avuto
confidenza con la respirazione ogni tre bracciate. Tende a perdere il ritmo. Pensa agli affari suoi,
mentre tira acqua con la forza giusta Né forte né piano: giusta. Lui nuota per rilassarsi, ma non è un appassionato
come gli altri, quei fanatici della corsia accanto. Bracciata, aria, bracciata,
bracciata. E pensa a suo figlio. Ha due
anni, ed è l’unica ragione per cui vive ancora con quella donna che fatica a
riconoscere. Bracciata, bracciata, aria, virata. E come crescerà con questo
clima tra loro? Non è meglio fare il passo decisivo e lasciarsi, abbandonare
convivenza, rancori e ipocrisie? Allunga la bracciata, Michele, forza, tira
acqua e decidi cosa fare di te, porca miseria (…). La esse, devo ricordarmi di
fare la esse sottacqua. E spezzare con il gomito. Si può guadagnare in gara
breve fino al sei o sette per cento. Devo scendere sotto il minuto, stavolta,
anche se la gara è in vasca lunga. E l’obiettivo di quest’anno, su questo non
si discute. Forza, Gabriele, è tutta una questione di volontà, dai. Non posso
farmi fregare nuovamente da Sandro».
[46] E. Stein, Psicologia e scienze dello
spirito, cit., p. 51. Osservazione questa che vale anche per altri
sport, si leggano ad esempio le parole di Sillitoe: «E questo spasso della
maratona è il migliore di tutti, perché mi permette di pensare, tanto bene che
imparo le cose anche meglio di quando sono a letto durante la notte» (A.
Sillitoe, La solitudine del maratoneta, cit., p. 16).
[47] Cfr. Enciclopedia Treccani, voce Nuoto: http://www.treccani.it/enciclopedia/nuoto_res-14b2e48f-8bb2-11dc-8e9d-0016357eee51_(Enciclopedia-Italiana)/. Nonché: O. De Bernardi, L’uomo galleggiante,
ossia l’arte ragionata del nuoto, Stamperia Reale di
Napoli, 1794, p. IV: «era virtù il nuoto presso de’ Romani, e nacque così
tra essi l’adagio Neque litera, neque natare didicit, per indicare uno sciocco
o uno inetto», in http://books.google.it/books?id=mxbB6Y_XpgC&pg=PR2&dq=Essa+ebbe+nel+mare+il+suo+natale&hl=it&sa=X&ei=YuR1VIiyLsjiywOV7YGgAg&ved=0CC4Q6AEwAA#v=onepage&q=Essa%20ebbe%20nel%20mare%20il%20suo%20natale&f=false
).
[48] E. da Rotterdam, Adagio 1.4.13, come si
può leggere in http://www.let.leidenuniv.nl/Dutch/Latijn/ErasmusAdagia.html.
[49] M. Morello, Lo Zen e l’arte di nuotare, in http://www.rivistastudio.com/editoriali/politica-societa/lo-zen-e-larte-del-nuotare/, che così conclude: «Accadde proprio col
presidente Mao, con Benito Mussolini (che amava farsi riprendere mentre
nuotava). E lo dimostra il traversatore dello Stretto di Messina dei nostri
giorni». Scrive Marco Pomar, in uno scritto ancora inedito
dedicato alla filosofia dei quattro
stili del nuoto: «lo stile libero è solitario. O sei
introverso, vuoi stare colo con la riga della vasca o on le alghe, oppure sei
introspettivo, riflessivo, in cerca di qualcosa. Macini vasche, stai da solo e
canti, o cerchi nella memoria la benzina per andare avanti. Lo stile libero à
teorica trasgressione, possibilità di fare cose diverse, quelle che poi non si
scelgono mai. Il dorso è esibizionismo. Cerchi la libertà nelle nuvole, ami guardare
fuori, sentire l’aria che tira, sempre sul chi vive, mai del tutto rilassato.
Il dorso è uno stile di vita, in faccia al sole, attento alle cose ma con una
quota di incertezza, rappresentata dall’incognita invisibile di chi va incontro
al futuro di spalle. La rana è di chi vuole prendersi il suo tempo. Di colui
che non ha fretta ma ama il bello, l’armonia del gesto, il rigore della regola,
la simmetrica come forma artistica. Il ranista non trascura nulla, non ha un
lato preferito, così come non ha un amore dominante sull’altro. Il ranista è
colui che ha scelto la lentezza, e ci ha messo un sacco per deciderlo. Il
delfino è dei tenaci. Coloro i quali prediligono la forza, delle proprie idee e
della verità, dell’abnegazione e dell’allenamento. Niente torti ai delfinisti,
loro non capirebbero. Vince il migliore, paga il merito, il talento non cammina
da solo».
[50] Cfr. D. Young, Why swimming is sublime, cit:
«And when swimming, we are also using more muscle groups. Swimming is called
"low impact" because it supports the body while it works – no
thumping the asphalt with feet. But it is a particularly taxing exercise.
Stomach, chest, upper and lower back, shoulders, biceps and triceps, and the
upper and lower legs, including the feet: all working in a co-ordinated and
continuous way to keep the swimmer from stopping and sinking. Put simply, even
the local pool can suggest danger, by highlighting the continual effort
required to simply keep our head above water. Swimming, whether in salt water
or chlorine, evokes the sublime by revealing just how vulnerable we are».
[51] Cfr. R. Stramrood, What is cold water distance swimming?, in http://www.1vigor.com/article/open-water-swimming-cold-water-acclimation/ : «if you are able to train regularly in these conditions, you should focus your mind on the cold and the changes in your body – become familiar with it. Work on your mind to convince yourself that you can tolerate this while you are in the cold water (rather than when you are in the comfort of home or a warmer swimming pool). Start to build a mental wall that does not allow the cold through» [Se siete in grado di allenarvi regolarmente in queste condizioni, la mente dovrebbe concentrarsi sul freddo, sulle modifiche che apporta al vostro corpo e, infine, familiarizzare con esso. La mente deve lavorare per convincersi che può tollerare tali condizioni, mentre si è nelle acque fredde (piuttosto che quando si è nel comfort di casa o di una calda piscina). Occorre, quindi, iniziare a costruire un muro mentale che non permetta al freddo di penetrarvi].
[52] R. Stramrood, What is cold water
distance swimming?, cit.: «the mind is one seriously powerful
tool to overrule once convinced».
[53] Si legga la testimonianza di un grande campione come Giorgio Lamberti: «Anche
la testa non andava più al passo di gambe e braccia. La passione era scemata e
la vita non era più circoscritta solo a una piscina. Ho tentato inutilmente di
tornare competitivo. E invece ho vissuto l’esperienza di due Olimpiadi in cui
non sono riuscito a esprimere il massimo delle mie potenzialità, forse anche
perché ho preteso un po’ troppo da me stesso nella fase di preparazione. Nuotare
ai massimi livelli è passione, sacrificio, programmazione, tempo: per essere
competitivo devi lavorare cinque ore al giorno. E devi pensare solo al
traguardo successivo. Così nel 1993 ho smesso di nuotare. Avevo solo
ventiquattro anni» (S. Ercolani, Sfide. Lo sport come non l’avete
mai letto, Rizzoli, 2006).
[54] M. Horkheimer - T. Adorno, Dialettica
dell'illuminismo (traduzione di R. Solmi), Einaudi, 1997, p. 54.
[55] Cfr. D. Young, Why swimming is sublime, cit.:«Swimming, whether in salt water or
chlorine, evokes the sublime by revealing just how vulnerable we are».
[56] M. Genco, Nuovo trattato generale dei
pesci e dei cristiani, Prova d'autore, 2013, p. 5.
[57]Oggi può sembrare ridicola l'idea di apprendere a
nuotare "a tavolino", ma forse a quei tempi non era così insolita, se
é vero quello che scrive Sprawson sulle lezioni di nuoto in voga nel 1676: «Lady
Gimcrack descriveva così il marito che imparava a nuotare: Tiene una rana in
una boccia piena d'acqua, legata ai fianchi con una corda, la qual corda Sir
Nicholas stringe tra i denti stando sdraiato bocconi su una tavola; quando la
rana muove gli arti lui fa altrettanto, e il suo maestro di nuoto gli sta
accanto per dirgli se imita bene o male. Quando gli chiesero se aveva mai
provato a nuotare in acqua Sir Nicholas rispose: No, ma nuoto molto
graziosamente sulla terraferma. Mi accontento della parte speculativa del
nuotare, non mi importa della pratica.» (C. Sprawson,
L'ombra del massaggiatore nero, cit., p. 33-34).