Quell’antipatica della Susi – quatro oci do stanghete magna rospi e cavaete – è fortisissima in tutti gli stili, ma, più di tutti, a rana.
Io, per
contro, a rana sono un oggetto immobile in mezzo alla vasca del NCB❤️. A dorso mi
distraggo e picchio sempre delle gran capocciate, nei tuffi, invece, delle
grandi spanciate; poi, ogni volta che viro, ingollo l’acqua di mezza piscina e
vado a fondo come un grongo. A stile libero annaspo, mentre nella corsia 3, la
Susi avanza leggera sul pelo dell’acqua manco fosse un’Ondina. Per finire il
delfino non riesco proprio a capire come si nuota.
Credo proprio
di essere una causa persa e ogni volta che mi vedono varcare la soglia del NCB❤️, nutro il
forte sospetto che tutti - ma proprio tutti, neh! - si chiedano cosa ancora ci
faccia io lì. Ciononostante, con l’ostinazione
di un mulo alpino, non bigio mai una lezione. Anche perché il Comitato Centrale (alias mia madre) non ammette diserzioni (soprattutto dopo aver pagato in anticipo l’anno di iscrizione).
Infallibilmente,
il momento più scoraggiante e cupo per noi muli, costretti a macinare acqua a
vuoto, sono le gare: mentre la Susi fa sempre pieno di medaglie che pare la
nipotina di Max Spitz, a me va di lusso se riesco a non farmi squalificare.
Ma
quest’anno…beh quest’anno, improvvisamente, ogni stile s’è illuminato: riesco a
nuotare a dorso senza finire bernoccoluta; ho assunto una qualche parvenza di
velocità nello stile libero; a rana son sempre un ingombro pressoché immobile
nella vasca, ma – udite!, udite! – ho finalmente compreso il delfino.
E mi piace
pure.
Poi succede
qualcosa di inaudito ed inedito rispetto al consueto, collaudato, copione.
Alle gare di
fine anno, mi colloco a metà classifica nei 100 stile, arrivo terz’ultima nei
100 dorso, per spirito di carità verso il prossimo, rinuncio a nuotare i 100
rana (evitando così il protrarsi delle gare sino al tramonto) e, siccome il
destino è sempre cinico e baro, con sconcerto di tutti (anche mio) centro il gradino
più alto del podio nei 100 delfino.
Panico: ho
ottenuto la qualifica per le gare provinciali che si disputeranno nella lontana
metropoli palladiana.
Me toca noar! A delfino!! E al NCB❤️ el ghe toca allenarme. A delfino!!
La direzione, per scongiurare qualche mala figura (in fondo son sempre un mulo), per
la preparazione della gara decide di farmi allenare con gli agonisti.
Gli agonisti
del NCB❤️ sono tutti
fortissimi e, soprattutto, incazzosissimi. La squadra femminile, poi, ha un nocciolo duro
di giovani Walchirie, che velocissime fendono l’acqua con gagliarde,
inesorabili bracciate.
Al mio primo
allenamento con gli agonisti, entro con fare svagato di chi capita lì per caso,
poi - mio more solito – mi infilo nel locale caldaie, aspetto paziente e, come
se nulla fosse, mi presento con aria indifferente al solito orario di lezione.
Vengo subitaneamente fermata e convocata:
- “Cossa sito
drio a fare qua? Te ghe saltà l’allenamento”, - mi fa Basso con aria severa e
carica di riprovazione.
- “Non ero
sicura di aver capito bene”, - rispondo callidamente.
- “No ghe xe
proprio gnente da capire. Devi venire quando si allenano gli agonisti. Ora fila
subito in vasca, par non perdere anca la lezione”.
Il giorno
della gara, in ordine di apparizione, scopro: a) di essere l’unica del NCB❤️ a nuotare i
100 delfino; b) che i 100 delfino
sono l’ultima gara della giornata; c)
che il Comitato Centrale (alias sempre lei!) mi ha spedito via, senza manco una
lira in tasca e senza niente da mangiare (né da bere).
Per tutta la
giornata le gare si susseguono incessanti, io ho fame, sete e fifa blu. Progetto
una fuga, ma senza mappa temo di perdermi nella città del Palladio. Quando
finalmente tocca me, le Walchirie si son già rivestite, asciugate le bionde chiome,
hanno fatto fuori un paio di panini con la soppressa (davanti ai quali ho
salivato come solo il cane di Pavlov riuscirebbe a fare) e stanno sbuffando
annoiate per l’attesa dell’ultima gara. La mia.
Finalmente
tocca a me. Sul blocco di partenza, per timore di prendermi una squalifica, attendo
prudentemente che le altre concorrenti si siano già tuffate. Poi mi tuffo
anch’io e ottengo subito un duplice, simultaneo ed insperato successo: riesco
a non spanciare e a non perdere gli occhialini.
Baldanzosa,
nuoto la prima vasca come se fossi anch’io una Walchiria, mentre sento i
giudici fischiare e fischiare…
Alla seconda vasca
mi assilla il dubbio di come riescano le Walchirie a respirare a delfino.
Alla terza,
ogni rumore è sovrastato da un grido lungo e cadenzato:
- “S-L-O-O-N-G-Aaaaaa
Peron!! Slooongateeeee. P-e-r-o-O-o-n…”, - è Basso che mi sta incitando.
Alla quarta
vasca, al pensiero che sarebbe stato meglio azzannare un qualche panino al
salame delle Walchirie e poi disertare fuggendo per le vie della gloriosa
capitale dei magnagatti, finalmente tocco la fine.
Mi guardo
intorno: in vasca non c’è rimasto nessuno. Esco mesta. A testa bassa cerco di
infilarmi nello spogliatoio. Ma Basso mi acchiappa lesto:
- “Brava
Peron! Te xì rivà a podio”.
Dev’essere davvero
la mia stagione fortunata perché è di nuovo accaduto l’impensabile: le altre
concorrenti sono state squalificate per falsa partenza (svelato il mistero di tutto
quel fischiare che sentivo!). Praticamente ho nuotato da sola e non me ne sono
accorta. Mentre discetto tra me e me se “quella” vittoria possa davvero
considerarsi una “vittoria”, mi cingono con una medaglia di latta color oro e,
finalmente, affamata più di un bull-dog, arrivo a casa.
Il giorno
dopo, sempre con la medaglia al collo (manco fosse la medaglietta della Madonna
di Monte Berico), cerco Susi. La intravedo tutta biancovestita e plissettata e
con una racchetta da tennis in mano.
- “Ho
iniziato a prendere lezioni di tennis”, - mi dice allungando il passo e
ignorando sdegnosa la medaglia che villanamente le ostento sotto il naso – “…il
nuoto mi è venuto a noia”.
Resto un
attimo basita …poi ...
- “Ehi, Susi,
- grido ispirata rincorrendola in direzione dei campi da tennis, mentre lei –
chissà perché - ha preso a correre – “Aspetta! Aspettami! Vengo con te! Anch’io,
anch’io, voglio prendere lezioni di tennis!!”.