Pensieri liquidi

sabato 17 luglio 2021

Fuori Linea #10 - Swim Butterfly and Fail Like a Champion


 Fuori Linea #10 Swim Butterfly and Fail Like a Champion


Quell’antipatica della Susi – quatro oci do stanghete magna rospi e cavaete – è fortisissima in tutti gli stili, ma, più di tutti, a rana.

Io, per contro, a rana sono un oggetto immobile in mezzo alla vasca del NCB. A dorso mi distraggo e picchio sempre delle gran capocciate, nei tuffi, invece, delle grandi spanciate; poi, ogni volta che viro, ingollo l’acqua di mezza piscina e vado a fondo come un grongo. A stile libero annaspo, mentre nella corsia 3, la Susi avanza leggera sul pelo dell’acqua manco fosse un’Ondina. Per finire il delfino non riesco proprio a capire come si nuota.

Credo proprio di essere una causa persa e ogni volta che mi vedono varcare la soglia del NCB, nutro il forte sospetto che tutti - ma proprio tutti, neh! - si chiedano cosa ancora ci faccia io lì.  Ciononostante, con l’ostinazione di un mulo alpino, non bigio mai una lezione. Anche perché il Comitato Centrale (alias mia madre) non ammette diserzioni (soprattutto dopo aver pagato in anticipo l’anno di iscrizione).

Infallibilmente, il momento più scoraggiante e cupo per noi muli, costretti a macinare acqua a vuoto, sono le gare: mentre la Susi fa sempre pieno di medaglie che pare la nipotina di Max Spitz, a me va di lusso se riesco a non farmi squalificare.

Ma quest’anno…beh quest’anno, improvvisamente, ogni stile s’è illuminato: riesco a nuotare a dorso senza finire bernoccoluta; ho assunto una qualche parvenza di velocità nello stile libero; a rana son sempre un ingombro pressoché immobile nella vasca, ma – udite!, udite! – ho finalmente compreso il delfino.

E mi piace pure.

Poi succede qualcosa di inaudito ed inedito rispetto al consueto, collaudato, copione.

Alle gare di fine anno, mi colloco a metà classifica nei 100 stile, arrivo terz’ultima nei 100 dorso, per spirito di carità verso il prossimo, rinuncio a nuotare i 100 rana (evitando così il protrarsi delle gare sino al tramonto) e, siccome il destino è sempre cinico e baro, con sconcerto di tutti (anche mio) centro il gradino più alto del podio nei 100 delfino.

Panico: ho ottenuto la qualifica per le gare provinciali che si disputeranno nella lontana metropoli palladiana.

Me toca noar! A delfino!! E al NCB el ghe toca allenarme. A delfino!!

La direzione, per scongiurare qualche mala figura (in fondo son sempre un mulo), per la preparazione della gara decide di farmi allenare con gli agonisti.

Gli agonisti del NCB sono tutti fortissimi e, soprattutto, incazzosissimi.  La squadra femminile, poi, ha un nocciolo duro di giovani Walchirie, che velocissime fendono l’acqua con gagliarde, inesorabili bracciate.

Al mio primo allenamento con gli agonisti, entro con fare svagato di chi capita lì per caso, poi - mio more solito – mi infilo nel locale caldaie, aspetto paziente e, come se nulla fosse, mi presento con aria indifferente al solito orario di lezione. Vengo subitaneamente fermata e convocata:

- “Cossa sito drio a fare qua? Te ghe saltà l’allenamento”, - mi fa Basso con aria severa e carica di riprovazione.

- “Non ero sicura di aver capito bene”, - rispondo callidamente.

- “No ghe xe proprio gnente da capire. Devi venire quando si allenano gli agonisti. Ora fila subito in vasca, par non perdere anca la lezione”.

Il giorno della gara, in ordine di apparizione, scopro: a) di essere l’unica del NCB a nuotare i 100 delfino; b) che i 100 delfino sono l’ultima gara della giornata; c) che il Comitato Centrale (alias sempre lei!) mi ha spedito via, senza manco una lira in tasca e senza niente da mangiare (né da bere).

Per tutta la giornata le gare si susseguono incessanti, io ho fame, sete e fifa blu. Progetto una fuga, ma senza mappa temo di perdermi nella città del Palladio. Quando finalmente tocca me, le Walchirie si son già rivestite, asciugate le bionde chiome, hanno fatto fuori un paio di panini con la soppressa (davanti ai quali ho salivato come solo il cane di Pavlov riuscirebbe a fare) e stanno sbuffando annoiate per l’attesa dell’ultima gara. La mia.

Finalmente tocca a me. Sul blocco di partenza, per timore di prendermi una squalifica, attendo prudentemente che le altre concorrenti si siano già tuffate. Poi mi tuffo anch’io e ottengo subito un duplice, simultaneo ed insperato successo: riesco a non spanciare e a non perdere gli occhialini.

Baldanzosa, nuoto la prima vasca come se fossi anch’io una Walchiria, mentre sento i giudici fischiare e fischiare…

Alla seconda vasca mi assilla il dubbio di come riescano le Walchirie a respirare a delfino.

Alla terza, ogni rumore è sovrastato da un grido lungo e cadenzato:

- “S-L-O-O-N-G-Aaaaaa Peron!! Slooongateeeee. P-e-r-o-O-o-n…”, - è Basso che mi sta incitando.

Alla quarta vasca, al pensiero che sarebbe stato meglio azzannare un qualche panino al salame delle Walchirie e poi disertare fuggendo per le vie della gloriosa capitale dei magnagatti, finalmente tocco la fine.

Mi guardo intorno: in vasca non c’è rimasto nessuno. Esco mesta. A testa bassa cerco di infilarmi nello spogliatoio. Ma Basso mi acchiappa lesto:

- “Brava Peron! Te xì rivà a podio”.

Dev’essere davvero la mia stagione fortunata perché è di nuovo accaduto l’impensabile: le altre concorrenti sono state squalificate per falsa partenza (svelato il mistero di tutto quel fischiare che sentivo!). Praticamente ho nuotato da sola e non me ne sono accorta. Mentre discetto tra me e me se “quella” vittoria possa davvero considerarsi una “vittoria”, mi cingono con una medaglia di latta color oro e, finalmente, affamata più di un bull-dog, arrivo a casa.

Il giorno dopo, sempre con la medaglia al collo (manco fosse la medaglietta della Madonna di Monte Berico), cerco Susi. La intravedo tutta biancovestita e plissettata e con una racchetta da tennis in mano.

- “Ho iniziato a prendere lezioni di tennis”, - mi dice allungando il passo e ignorando sdegnosa la medaglia che villanamente le ostento sotto il naso – “…il nuoto mi è venuto a noia”.

Resto un attimo basita …poi ...

- “Ehi, Susi, - grido ispirata rincorrendola in direzione dei campi da tennis, mentre lei – chissà perché - ha preso a correre – “Aspetta! Aspettami! Vengo con te! Anch’io, anch’io, voglio prendere lezioni di tennis!!”.