“Le nuvole erano
come non mai
e la pioggia era
come non mai,
poiché dopotutto
cadeva
con gocce diverse”
[Wislawa Szymborska - Disattenzioni]
Elba Swim 647 germina nel 2017 da un'idea di Cristina De
Tullio (di quella prima, mitologica avventura ne ho già scritto qui https://swimlosophy.blogspot.com/2019/03/le-argonautiche-nuoto-allelba.html).
Dal primo, ristretto e avventuroso manipolo di fidi nuotatori che
il 5 novembre 2017 la testarono, l'ElbaSwim 647 ne ha fatta di strada e, per chi
fa acque libere, oramai è diventata l'appuntamento di fine stagione.
Un appuntamento tanto fisso quanto incerto, dato che ogni anno
gratifica i nuotatori con la meteo-suspense: si farà o non si farà? Ci faranno
partire? E se partiamo, ci faranno arrivare? E ancora: riusciremo a prendere il
traghetto prima che sospendano gli imbarchi?
Anche quest'anno ElbaSwim 647 ha rispettato le attese: il 24
ottobre alle ore 10, la partenza da Capo Enfola della 12 km, ha
fischiato anche l'adunata delle nubi. Neppure il tempo di superare la seconda
punta che il cielo aveva già virato verso un piovorno scuro, scuro.
Se c'è una cosa bella nelle traversate che organizza Cristina è
quella che puoi di infischiartene dei tempi. Puoi spingere al massimo e cercare
di centrare il tempone ed essere felice oppure prendertela comoda, preoccuparti solo di completare il percorso ed
essere felice lo stesso.
Scelgo la seconda opzione (as usual): parto in fondo, tra gli
ultimi quasi fuori dall’acqua, e procedo con un ritmo da passeggio per mare.
Nel giro di pochi minuti tutti gli altri nuotatori sono dei puntini che rimpiccioliscono
dentro un orizzonte sempre più scuro. Dopo un po' sento le prime gocce che
iniziano a picchiettarmi le braccia (sono senza muta). Alzo la testa per
guardare: davanti a me il mare s'è vestito d'argento, sotto, invece, è solo
velluto blu e pesci. Procedo fiduciosa. Ma poco dopo, sento addosso il
tamburellio della pioggia più forte ed insistente. Rialzo la testa, il mare è
un dondolio gentile, color argento scuro e ora mi trovo ad attraversare un
tratto di mare da punta a punta e non si vede nulla. Mentre cerco di scrutare
l'orizzonte, mi si affianca una canoa. Fantastico, penso, adesso non dovrò più
preoccuparmi per la rotta. Procedo a testa bassa, respiro ogni quattro
bracciate. La canoa è proprio alla mia sinistra. Al lato dove respiro. Vedo il
canoista che lotta contro il vento, la pioggia e anche la grandine che è
sopraggiunta. Sono un po’impensierita per lui. E penso che l'unica cosa che
posso fare per aiutarlo è aumentare il ritmo. Così inizio a spingere. Le
braccia si fanno leggere, la pioggia si fa più forte e in lontananza si sente
qualche tuono. E io mi chiedo se ci tireranno fuori. Ma il canoista continua
imperterrito, seppur sferzato dalla pioggia, e io con lui.
Procedo, dunque, con l’ottimismo di chi applica la teoria
dell’umidità relativa[1], dentro
un vapor che l’aere stipa[2] e
sospinta da un vento peregrin che l’aere turba[3], e penso
che potrei nuotare così sino a Marte.
Ma la realtà è molto, molto, più prosaica e di bracciata in bracciata - con l’acqua che – causa pioggia e grandine – si raffresca (era circa 20 gradi alla partenza) - mi limito ad arrivare alla spiaggia della Guardiola, dove ad attendere i nuotatori c’è la barca con i rifornimenti. Sulla barca tanto entusiaste quanto fradice, ci sono Irene e Chiara che mi passano i rifornimenti insieme a quale informazione: sia pure con un’ora di ritardo, causa burrasca, è appena partita anche la 6km; sulla 12km ci sono un paio di ritirati; adesso devi nuotare sino alla boa che vedi laggiù in fondo.
Saluto il canoista che va a far da spola con altri nuotatori e
riprendo a nuotare.
Nel frattempo …passata è la tempesta. Riecco il sereno! Rompe là
da ponente alla montagna e sgombrasi pure la campagna, mentre a còr dell'acqua
si rallegra ogni cor del prode nuotator[4].
Devo ammettere che il mare tira sempre fuori il meglio di me e
così dopo aver ripassato, Dante, Leopardi, Hoare, la Szymborska e scambiate due chiacchiere con Marco che sta
accompagnando i ragazzi Special Olympics nel percorso 3 km, sono oramai giunta
in dirittura d’arrivo: la corrente è leggermente contraria ma il mare è liscio
come l’olio c’è finanche il sole che riscalda le spalle.
- “Beh cosa vuoi di più?” mi chiedo.
- “Qualche gin tonic”, suggerisce pronto Raul.
E così - disertate le
premiazioni (Cristina perdonaci, siamo proprio due reprobi!) – tra un Gin tonic ed un Negroni, reduci da letture notturne di Helgoland di Carlo Rovelli, ci accaloriamo
a discutere delle matrici di Heisenberg e del gatto di Schrödinger, giungendo a
tragiche conclusioni per il mondo accademico della fisica. Perché se, secondo
Raul, apparteniamo tutti all’insieme del gatto di Schrödinger; secondo il mio
modesto parere, invece, lui - al più - potrà aspirare ad esserne il topastro.
Io invece…beh giocoforza la gatta.
[1] The theory of relative wetness =
swimming in the rain + the suspension of disbelief (Philip Hoare).
[2] Dante, Inferno,
Canto XXXI, 36.
[3] Dante, Rime per
la donna pietra.