Pensieri liquidi

venerdì 30 ottobre 2020

ElbaSwim647 2020

 


 

“Le nuvole erano

come non mai

e la pioggia era

 come non mai,
poiché dopotutto

 cadeva

con gocce diverse”
[Wislawa Szymborska - Disattenzioni]

 




Elba Swim 647 germina nel 2017 da un'idea di Cristina De Tullio  (di quella prima, mitologica avventura ne ho già scritto qui https://swimlosophy.blogspot.com/2019/03/le-argonautiche-nuoto-allelba.html). 

Dal primo, ristretto e avventuroso manipolo di fidi nuotatori che il 5 novembre 2017 la testarono, l'ElbaSwim 647 ne ha fatta di strada e, per chi fa acque libere, oramai è diventata l'appuntamento di fine stagione.

Un appuntamento tanto fisso quanto incerto, dato che ogni anno gratifica i nuotatori con la meteo-suspense: si farà o non si farà? Ci faranno partire? E se partiamo, ci faranno arrivare? E ancora: riusciremo a prendere il traghetto prima che sospendano gli imbarchi?



Anche quest'anno ElbaSwim 647 ha rispettato le attese: il 24 ottobre alle ore 10, la partenza da Capo Enfola della 12 km, ha fischiato anche l'adunata delle nubi. Neppure il tempo di superare la seconda punta che il cielo aveva già virato verso un piovorno scuro, scuro.

Se c'è una cosa bella nelle traversate che organizza Cristina è quella che puoi di infischiartene dei tempi. Puoi spingere al massimo e cercare di centrare il tempone ed essere felice oppure prendertela comoda,  preoccuparti solo di completare il percorso ed essere felice lo stesso.



Scelgo la seconda opzione (as usual): parto in fondo, tra gli ultimi quasi fuori dall’acqua, e procedo con un ritmo da passeggio per mare. Nel giro di pochi minuti tutti gli altri nuotatori sono dei puntini che rimpiccioliscono dentro un orizzonte sempre più scuro. Dopo un po' sento le prime gocce che iniziano a picchiettarmi le braccia (sono senza muta). Alzo la testa per guardare: davanti a me il mare s'è vestito d'argento, sotto, invece, è solo velluto blu e pesci. Procedo fiduciosa. Ma poco dopo, sento addosso il tamburellio della pioggia più forte ed insistente. Rialzo la testa, il mare è un dondolio gentile, color argento scuro e ora mi trovo ad attraversare un tratto di mare da punta a punta e non si vede nulla. Mentre cerco di scrutare l'orizzonte, mi si affianca una canoa. Fantastico, penso, adesso non dovrò più preoccuparmi per la rotta. Procedo a testa bassa, respiro ogni quattro bracciate. La canoa è proprio alla mia sinistra. Al lato dove respiro. Vedo il canoista che lotta contro il vento, la pioggia e anche la grandine che è sopraggiunta. Sono un po’impensierita per lui. E penso che l'unica cosa che posso fare per aiutarlo è aumentare il ritmo. Così inizio a spingere. Le braccia si fanno leggere, la pioggia si fa più forte e in lontananza si sente qualche tuono. E io mi chiedo se ci tireranno fuori. Ma il canoista continua imperterrito, seppur sferzato dalla pioggia, e io con lui.

Procedo, dunque, con l’ottimismo di chi applica la teoria dell’umidità relativa[1], dentro un vapor che l’aere stipa[2] e sospinta da un vento peregrin che l’aere turba[3], e penso che potrei nuotare così sino a Marte.

Ma la realtà è molto, molto, più prosaica e di bracciata in bracciata - con l’acqua che – causa pioggia e grandine – si raffresca (era circa 20 gradi alla partenza) - mi limito ad arrivare alla spiaggia della Guardiola, dove ad attendere i nuotatori c’è la barca con i rifornimenti. Sulla barca tanto entusiaste quanto fradice, ci sono Irene e Chiara che mi passano i rifornimenti insieme a quale informazione: sia pure con un’ora di ritardo, causa burrasca, è appena partita anche la 6km; sulla 12km ci sono un paio di ritirati; adesso devi nuotare sino alla boa che vedi laggiù in fondo.


Saluto il canoista che va a far da spola con altri nuotatori e riprendo a nuotare.

Nel frattempo …passata è la tempesta. Riecco il sereno! Rompe là da ponente alla montagna e sgombrasi pure la campagna, mentre a còr dell'acqua si rallegra ogni cor del prode nuotator[4].



Devo ammettere che il mare tira sempre fuori il meglio di me e così dopo aver ripassato, Dante, Leopardi, Hoare, la Szymborska e scambiate due chiacchiere con Marco che sta accompagnando i ragazzi Special Olympics nel percorso 3 km, sono oramai giunta in dirittura d’arrivo: la corrente è leggermente contraria ma il mare è liscio come l’olio c’è finanche il sole che riscalda le spalle.

- “Beh cosa vuoi di più?” mi chiedo.

- “Qualche gin tonic”, suggerisce pronto Raul.

E così - disertate le premiazioni (Cristina perdonaci, siamo proprio due reprobi!) –  tra un Gin tonic ed un Negroni, reduci da letture notturne di Helgoland di Carlo Rovelli, ci accaloriamo a discutere delle matrici di Heisenberg e del gatto di Schrödinger, giungendo a tragiche conclusioni per il mondo accademico della fisica. Perché se, secondo Raul, apparteniamo tutti all’insieme del gatto di Schrödinger; secondo il mio modesto parere, invece, lui - al più - potrà aspirare ad esserne il topastro. Io invece…beh giocoforza la gatta.

 



[1] The theory of relative wetness = swimming in the rain + the suspension of disbelief (Philip Hoare).

[2] Dante, Inferno, Canto XXXI, 36.

[3] Dante, Rime per la donna pietra.

[4] Pseudo Leopardi, La quiete dopo la tempesta.