Pensieri liquidi

domenica 27 giugno 2021

Fuori linea #9 - Fail like a Champion ... ma col saòn!

 

 Fuori linea #9 Fail like a Champion ... ma col saòn!

 

La mia prima lezione di nuoto fu memorabile perché fallii in tutto, tutto, ma proprio tutto. A partire dai alcuni, maldestri, tentativi di fuga.

All’epoca, Bassano & dintorni si pregiava della presenza di un’unica piscina (però nuova, nuova): il Nuoto Club Bassano – NCB, meglio nota col nome de la “Pissìna de Agnolin”.

La pissìna, all’epoca, era oggetto di bramosia e veniva regolarmente sommersa da maree di putèi strepitanti, e dalle loro mamme, per almeno due ordini di ragioni.

In primis, per la salute stessa dei putèi. All’epoca, difatti, il nuoto era la panacea per tutti i mali: “Gheto le gambe storte? Va a noàr!”; “Ti si gracilino? Nóa!”; “Vuto la schiena drita? Impara a noàre!”.

In secundis, per via del fatto che uno dei titolari era il celeberrimo arbitro di calcio Luigi Agnolin.

Quando Agnolin (incostantemente a onor del vero e, più che altro, il lunedì), teneva lezione di pirsona pirsonalmente, l’aria solitamente ben clorata della piscina si elettrizzava per via dei gridolini eccitati di mamme con occhi languidi (“Varda là che bèo, ciò”) e dei bisbigli sgomenti degli allievi: “Come xea ‘ndà la partita ieri? Lo gà fato rabiare?”, perché se Agnolin era di cattivo umore, la lezione di nuoto si trasformava in una lezione di vita o di morte (solitamente quella del malcapitato allievo di turno che, certamente a buon diritto, aveva attirato i suoi temibili strali).

Ciononostante, a casa mia il calcio ha sempre contato meno di un fico secco e tra i miei innumerevoli difetti non si annoveravano né gambe storte né costituzione gracile ma, semmai, fame atavica e passione infinita per l’acqua. Quest’ultima, divampata durante le lunghe vacanze estive presso la casa dei nonni (quasi) affacciata sulla grande, assolata e (all’epoca) solitaria spiaggia di Qurtil Masqalah.

Frequentavo allora la terza elementare e quando - Alleluja! Alleluja! - si liberò un posto, venni inaspettatamente pescata dalla lunga lista d’attesa. Mi sentivo baciata dalla fortuna come Charlie Bucket quando trova il biglietto d’oro valevole per l’ingresso alla Fabbrica di Willy Wonka.

L’inatteso evento fece sì che il Comitato Centrale (alias mia madre) per la prima (e unica, memorabile) volta mi accompagnasse. A piedi. Borsa in spalla, scarpinai felice e baldanzosa e con passo trionfale (finalmente!) varcai l’agognata soglia del NCB. Venni subito avvolta da un odore penetrante di cloro e stordita da una barbara cacofonia di voci, grida, fischi. Ed era troppo tardi per darmela a gambe levate.

In segreteria, mi dotarono di tesserino, cuffia e ciabatte, ma non del costume. Quello del NCB nero, traslucido e austero, era esaurito. Io sospirai di sollievo certa di averla scampata e di poter tornare a casa indenne, ma il Comitato Centrale, non fece un plissé e mi porse il costume del mare: un costume ridicolo a righe chiassose.  Lo presi incredula e vergognosa e restai immobile a testa bassa a fissarmi le punte dei piedi esercitandomi nella difficile arte dello scomparire. Fallii e nell’orizzonte basso del mio sguardo si palesarono, un paio di scarpe da ginnastica bianche ed enormi. Alzai gli occhi, davanti a me si ergeva in tutta la sua severa statura il temibile Basso, ossia l’altro titolare della piscina nonché motore instancabile della stessa. Basso & Agnolin. Agnolin & Basso: i due potenti dioscuri del NCB.

- “Brava tosèta, va drentro a cambiarte e quando sòna a campanea te entri in vasca, corsia uno. Ma prima...”, e qui alzò il dito minaccioso, “la doccia! Obbligatoria e col saòn!”

Ammiccai, speranzosa, al Comitato Centrale ma l’ultima cosa che poteva passarle per la mente era quella di riportarmi a casa o, anche solo più banalmente, accompagnarmi in spogliatoio. Con passo del condannato discesi lentamente le scale dello spogliatoio, giunsi davanti a una porta a vetri, sentii un vociare indistinto, mi mancò la forza di aprirla, feci dietro front e m’infilai in una porticina che portava al locale caldaia. Rimasi lì un tempo che mi sembrava infinito, poi uscii, risalii le scale correndo in cerca di una via di fuga e di nuovo mi ritrovai davanti quei due piedi bianco calzati a sbarrarmi il passo:

- “E tì, dove vèto?”

 - “Non ho capito bene cosa devo fare…”

- “Va drentro, quando te senti sonare te vè en corsia uno. E no sta desmentegarte la doccia. Col saòn!”.

Sospirai, presi coraggio e varcai la fatidica porta vetri. Mi aspettavo l’inferno, invece sorpresa…non c’era nessuno perché nel frattempo era suonata la campanella e tutti erano in vasca. Acchiappai la borsa e via una nuova fuga…

- “Te go dito va drentro! E fa in pressa che a campanea a ga sonà da un tòco! E non sta desmentagarte la doccia!”, mi intima Basso, rispedendomi indietro.

E così per ultima a lezione pressoché finita entro, finalmente!, in vasca. Per l’agitazione dimentico la doccia, ma (per mia buona sorte) nessuno pare accorgersene. In quella manciata di minuti di lezione che resta da fare me ne sto disperatamente aggrappata a bordo vasca a battere freneticamente i piedi in un caos di urla, schizzi e fischi senza senso.

Quando finalmente suona la fine della (chiamiamola) lezione, tento di sgattaiolare via senza dare troppo nell’occhio. Ma vengo acchiappata da Basso, il quale – ovviamente -  non ha mai smesso di osservarmi:

- “Brava, ma a prossima volta, non star far tardi e …” – aggiunge con sguardo luciferino – “non star desmentegarte la doccia. Col saòn!”.