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mercoledì 21 marzo 2018
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Swimlosophy: Lipari 1929: storia di lotte, fughe e libertà
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Lipari 1929: storia di lotte, fughe e libertà
L. Di Vito - M. Gialdroni, Lipari 1929 Fuga dal confino, Editori Laterza, 2009, pp. 381, € 18
Luca Di Vito e Michele Gialdroni,
avvocato il primo e professore il secondo, hanno scritto un bellissimo libro di
storia sulle lotte per la libertà politica e le fughe per la libertà personale,
di un pugno di irriducibili grazie alla cui tenacia, audacia e pervicacia,
l'Italia - paese in cui la democrazia non ha mai avuto vita facile - è
finalmente diventato uno stato democratico.
Con un sapiente montaggio narrativo,
realizzato con collage di ricordi, lettere e dispacci, gli autori ripercorrono
le vicende che hanno portato Emilio Lussu, Carlo Rosselli e Francesco Fausto
Nitti, dapprima a scontare cinque anni di confino a Lipari e poi a progettare e
realizzare la fuga in una notte senza luna del 27 luglio 1929.
In forza del Testo Unico delle Leggi
di pubblica sicurezza del 6.11.1926, potevano essere assegnati al confino di
polizia: gli ammoniti e coloro che avevano commesso (o manifestato il
proposito) di commettere, atti diretti a sovvertire violentemente l'ordinamento
nazionale, sociale o economico dello Stato o a menomarne la sicurezza. La
traduzione dei deportati al confino non era un viaggio rapido: “ammanettati e congiunti tra loro da lunghe
catene”, i condannati al confino, se tradotti in piroscafo, venivano messi “nelle stive accanto al bestiame”; in
treno, invece, venivano messi “nei vagoni
cellulari”.
Questi ultimi erano una specie di “carcere mobile, rivestito d'acciaio (...).
D'estate gli scompartimenti metallici infiammati dal sole" diventavano
"fornaci; d'inverno" erano
"perfette celle frigorifere. Così in
ogni mese il supplizio” era assicurato (Lussu). Lipari era un calderone di
deportati di estrazioni e convincimenti diversi, dalle poche decine iniziali,
nel 1927 i confinati sono più di trecento, tutti attentamente sorvegliati. L’isola, infatti, era sottoposta, giorno e notte, ad una vigilanza speciale,
per scoraggiare ed impedire ogni tentativo di fuga.
Il primo dei tre protagonisti ad
arrivare a Lipari è Francesco Fausto Nitti (pro nipote di Francesco Saverio
Nitti, già Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno). Nitti viene
tradotto a Lipari nel marzo 1927 per scontare una condanna al confino di cinque
anni, per trame sovversive contro il regime fascista.
Nel novembre 1927 è la volta di
Emilio Lussu (eroe della prima guerra mondiale, partigiano dell'autonomia della
Sardegna, antifascista irriducibile): la notte del 31 ottobre 1927 una squadra
fascista assalta la casa di Lussu, con l'ordine di saccheggiarla e di
linciarlo. Lussu, spara un solo colpo che uccide uno degli assalitori e fa
scappare tutti gli altri. Assolto dal tribunale (per legittima difesa), Lussu
viene condannato, in via amministrativa, a cinque anni di confino, da una
commissione fascista, come avversario incorreggibile al regime.
A fine dicembre 1927, anche Rosselli
viene deportato a Lipari. Come Nitti, anche Rosselli aderì all'antifascismo
dopo l'assassinio di Matteotti, ma i "titoli
per la deportazione, se li era guadagnati organizzando l'espatrio clandestino
in Francia, via Corsica, di Filippo Turati" (Lussu). Difatti, circa un
anno prima, Rosselli, praticamente sotto il naso delle squadre dei miliziani che a
Milano presidiavano la casa di Turati, riuscì a portarlo a Savona. La fuga
beffarda fece infuriare Mussolini, mettere in stato di massima allerta la
milizia fascista ed in stato di mobilitazione l'arma dei carabinieri. Con una
piccola imbarcazione guidata da due lupi di mare (Italo Oxilia e Lorenzo Da
Bove), in una notte di tramontana, mare contrario e guardie zelanti, si tenta
il tutto per tutto: "fuori dal porto
non si può partire. Si tenta nel cuore del porto. É una temeraria
sfacciataggine" (Parri). Direttamente dal porto di Savona, a pochi
passi dagli agenti, Rosselli, Parri e Pertini, si imbarcano con Turati alla
volta della Corsica: "dodici ore
durò la traversata orribile. Oxilia e Da Bove (...) mirabili lupi di mare, si
davano il cambio al timone, sapientemente accogliendo le ondate"
(Rosselli). Lasciato Turati in Corsica, appena sbarcati in Italia, Rosselli e
Parri vengono arrestati ed incriminati per l'espatrio clandestino di Turati. Il
19 settembre 1927 a Savona si apre il processo, che suscita un grande interesse
nell'opinione pubblica in Italia e all'estero. Il regime esige una condanna
esemplare, ma nei cinque giorni del dibattimento accade qualcosa di
straordinario e il processo ha una svolta inattesa. Scrive Rosselli: l'aula
delle Assise di Savona si trasformò in “un'isola
non conformista dove anche i pochi avversari presenti" furono “costretti ad inchinarsi davanti alle
nostre idee. Da parte degli avvocati che si sentivano sostenuti dal pubblico -
e nell'ultima ora dall’intera città - fu un autentico bombardamento, una
requisitoria, aperta, fiera, ostinata contro il regime”. L'accusa chiede
cinque anni di reclusione, la Corte commina in tutto dieci mesi: il “verdetto viene accolto con un grido unanime
di gioia e con una grande salva di applausi. La gabbia è presa d'assalto”
(Rosselli). In considerazione dei mesi già trascorsi dietro le sbarre, restano
da scontare solo 40 giorni, dopodiché ci saranno cinque anni di confino ad
attenderli.
Ma a Lipari, si progetta l'evasione:
da Lipari si deve evadere. Tramite l'aiuto degli esuli italiani in Francia (in
primis lo storico Gaetano Salvemini ed il giornalista Alberto Tarchiani) e
grazie a una fitta corrispondenza che riesce a eludere l'occhiuta censura, si
progetta la fuga: "le comunicazioni
erano piuttosto laboriose. Rosselli scriveva a sua moglie Marion, delle lettere
apparentemente innocenti, ma che in realtà erano impresse con inchiostro simpatico.
E Marion le rimandava a Salvemini, in contatto con Tarchiani" (Dolci).
Il primo tentativo di fuga (novembre
1928) non riesce: l'imbarcazione che dalla Tunisia dovrebbe giungere a Lipari è
costretta a rinunciare, il mediterraneo è sconvolto da una tempesta, quale non
se ne vedeva da anni, ed i venti invernali avevano ripreso il dominio dello
stretto. Nessuno si dà per vinto e la fuga è solo rimandata. L'anno successivo,
l'infaticabile Tarchiani organizza un nuovo tentativo: a Nizza, viene
acquistato un veloce motoscafo, il Dream V, di proprietà di un principe
egiziano. Il principe richiedeva una forte somma, ma “Oxilia, con la sua ligure, pazienza e pertinacia, e con l'aria
svogliata e mediocremente interessata all'acquisto (...) finì per ridurlo a più
miti pretese, ed a concludere (...) un ottimo affare” (Tarchiani). Al
comando del Dream V, ci sarà di nuovo Italo Oxilia, questa volta coadiuvato da
Gioacchino Dolci (che da pochi mesi aveva finito di scontare il confino) e Paul
Vonin. Lasciata Nizza, si dirigono verso il sud della Sardegna, fanno perdere
le loro tracce e si dirigono alla volta di Tunisi, dove verranno messi a punto
gli ultimi dettagli della fuga. Il 26 luglio 1929, il Dream V, lascia Tunisi e
prende il mare, il giorno successivo è già al largo di Lipari. La notte del 27
luglio sarà la notte degli equivoci e dei destini che si incrociano, in un
crescendo concitato di azioni.
Il primo ad arrivare alla banchina é
Nitti, che, dopo aver inciampato in una stia di polli, si getta a nuoto per
raggiungere il Dream V: “avevo nuotato in
silenzio, facendo attenzione di non sollevare schiuma e di non fare rumore
alcuno. Da quel punto vedevo bene una buona parte del porto (...) erano tutti
in piena luce e io li guardavo dalla oscurità in cui ero immerso” (Nitti). Subito
dopo li raggiungono Lussu e Rosselli: “via
a nuoto, ogni tanto raddrizziamo la testa per convincerci che non ci sbagliamo
(...). Sulla piazzetta del porto c'è il Signor Direttore con tutte le autorità
a sorbire il gelato” (Rosselli). Appena in tempo di salire sul motoscafo e
il Dream V riparte a tutta velocità, sfila verso Vulcano, supera Alicudi per
poi lanciarsi nel Mar Tirreno: “eravamo
in mare aperto. I motori battevano i loro colpi di stantuffo con una regolarità
ed una continuità meravigliose. E noi correvamo, correvamo” (Nitti).
La fine dei protagonisti è nota e fa
parte della Storia: Carlo Rosselli, raggiunta la Francia sarà tra i fondatori
di Giustizia e Libertà (insieme Lussu e a Nitti), combatterà in Spagna a fianco
delle forze repubblicane e verrà assassinato insieme al fratello Nello, nel
1937 in Francia da sicari fascisti. Emilio Lussu, parteciperà alla guerra
civile in Spagna a fianco delle forze antifranchiste ed entrerà poi nelle file
della resistenza romana. Nel 1945 diventerà ministro all'assistenza postbellica
nel primo governo di unità nazionale dell'Italia libera, presieduto da
Ferruccio Parri e nel successivo governo di De Gasperi, come ministro senza
portafoglio per i rapporti con la Consulta. Francesco Fausto Nitti, entrerà
anch'egli nelle forze antifranchiste, dove, tra l'altro, partecipò alla celebre
battaglia dell'Ebro. In Francia si aggregherà - dopo una rocambolesca fuga dal
treno che lo stava deportando a Dachau - alla resistenza francese (dove per i
suoi meriti verrà insignito della Médaille de la Résistance), tornerà in Italia
solo alla fine della guerra.